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Yoga, obiettivi e presenza

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Yoga, obiettivi e presenza

 

infinito

Lo Yoga è infinito.
Deve esserlo per forza, avesse una fine ci sarebbe allora un qualcosa da raggiungere, una mèta, un arrivo, un momento in cui possiamo dire “Ecco, sono arrivato”.
Esisterebbe uno scopo ultimo, un “gran finale” a cui aspirare per tutto il corso della nostra vita, qualcosa che “noi” possiamo conquistare, qualcosa che la nostra “persona” può davvero realizzare.
Fosse così esisterebbe il senso di incompiutezza, la frustrazione di non riuscire a far questo o quello. Come possiamo sentirci frustrati per non ottenere questo o quello a livello materiale, la casa dei nostri sogni o il lavoro ideale, così lo stesso meccanismo verrebbe riproposto pari pari a livello spirituale.
Possibile?
L’altro giorno leggo una frase:” Maybe not in this life”
Quanta libertà nel dirsi così! Magari non in questa vita. Magari non raggiungerò quell’asana o chissà quale realizzazione spirituale in questa vita, si accetta la cosa, e fine.
In molti dicono: Pratica! Realizzati! Illuminati! Studia! Fai! Non hai tempo. Chi ha tempo non aspetti tempo. Fai oggi quello che potresti fare domani! Fai! Fai! Pratica oggi! La vita è breve.
La vita è breve.
La vita è breve?
Sicuramente se continuo a fare senza averla gustata vola in un lampo.
Eh, certo. Facessi così vuol dire che sono sempre da un’altra parte con la testa.
Sempre nel dopo, sempre nel dover fare qualcosa per…
Devo praticare per…
Devo realizzarmi…
Non ho tempo…
Non ho tempo?
Davvero non ne ho?
Non ho tempo da perdere inseguendo l’idea della realizzazione.
Non ho certamente tempo da perdere inseguendo l’idea dell’illuminazione.
Allora, quando butto via questa idea, per quanto grandiosa sembri, per quanto amaro in bocca resti, per quanto in antitesi sembri questo gesto con tutto quello che viene insegnato…
Ecco, quando butto via questa idea la mente rimane con un’idea in meno, meno aspettative, ansie, meno cose da dover fare e più SPAZIO.
Spazio per accorgermi del Qui ed Ora.
Di cosa sto facendo.
Maybe not in this life.
Fa lo stesso se non mi illuminerò, fa lo stesso se non realizzerò nulla.
Fa lo stesso.
Maybe not in this life.
Poi, la pace.
La tranquillità di poterci mettere degli anni.
La tranquillità di avere tempo.
Ma non il tempo di fare qualcosa PER raggiungere un obiettivo, ma il tempo di fare qualcosa per il solo gusto di farlo. Abbiamo ancora del tempo che possiamo usare per gustare i momenti presenti, possiamo stare nel presente, stare nel tempo, stare ora, qui, adesso.
E’ questo il tempo che abbiamo.
E’ questo il tempo che dimentichiamo quando siamo intenti nell’idea di raggiungere qualcosa.
Funziona proprio all’incontrario.
Quando siamo nell’idea di raggiungere qualcosa perché sentiamo di avere poco tempo stiamo perdendo l’opportunità unica di vivere quell’istante. Perdiamo l’attimo, perdiamo il tempo, perdiamo l’adesso.
Se senti questo, tutto si illumina.
Sparisce l’attrito del “devo praticare”.
Ci si approccia allora alla pratica come un regalo, come una coccola che ci si fa, che ci si dona semplicemente perché ne si ha voglia, ne si sente il desiderio, si ha voglia di riconnettersi, ricongiungersi, sentire di nuovo il cuore che si scioglie nel grazie alla vita, nel grazie di questo istante di vita che ci è permesso di vivere.
Praticare diventa riconnessione con il nostro corpo, con il nostro respiro, il nostro battito cardiaco.
Diventa scoperta, curiosità, fanciullezza.
Diventa stare con l’adesso, con quello che c’è e apprezzarlo come fosse un tramonto.
E tutto, come per magia, diventa sacro.

 

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