Introduzione allo Yin Yoga

 

Differenze tra Yin e Yang Yoga

butterfly

 

La maggior parte delle forme di yoga oggi pratiche sono dinamiche, attive, disegnate per lavorare solo metà del nostro corpo: la parte muscolare, ossia i tessuti Yang. Lo Yin Yoga ci permette di lavorare con l’altra metà, i profondi tessuti Yin, ossia legamenti, articolazioni, la fascia e persino le nostre ossa.

Tutti i nostri tessuti sono importanti e devono essere esercitati affinché noi possiamo ottenere il miglior beneficio in termini di salute e vitalità.

Ma si possono esercitare le nostre articolazioni? Non è forse pericoloso? Sì e no. Dipende da come questo esercizio viene fatto: possiamo allenare le nostre articolazioni in modo sicuro se però lo facciamo in modo intelligente.

Se questo lavoro viene fatto in modo errato possiamo senz’altro fare danno al nostro corpo ma qualsiasi forma di esercizio in realtà se fatta in modo errato potrebbe danneggiarci.

Sono molti i benefici che possono derivare da una corretta pratica dello Yoga: possono essere  benefici fisici, mentali, emotivi, energetici, spirituali. I benefici che possiamo ottenere dipendono molto dalla nostra intenzione quando pratichiamo.

 Come noi pratichiamo è tanto importante quanto cosa pratichiamo.

 Esiste un aspetto Yin  della nostra vita e un aspetto Yang.

 Allo stesso modo esiste un modo Yin di Praticare Yoga e un modo Yang.

Praticare nella modalità Yin vuol dire fare particolare attenzione a concetti come cedere, accettare,  permettere, nutrire. 

Anche in una pratica Yang in cui si suda molto possiamo adottare una sensibilità e una ricettività propria dello stile Yin  che ci aiuterà a vivere lo Yoga in modo molto più completo e profondo. 

Alcuni studenti trovano inizialmente questo stile di yoga noioso, passivo, o troppo dolce, ma presto scoprono che può essere una pratica sfidante,  aspetto dovuto soprattutto al tempo di mantenimento delle posizioni. Lo Yin yoga è semplice, ma semplice non vuol dire facile. Si può rimanere in una posizione da pochi minuti anche fino a 20 o più.

Gli stili di Yang Yoga generalmente stimolano le fibre e le cellule dei muscoli con movimenti ritmici e ripetitivi.  Al contrario, i tessuti Yin, essendo più secchi e molto meno elastici, potrebbero essere danneggiati se sollecitati allo stesso modo.  Si può dire che per questo genere di tessuti è meglio che vengano applicate forze più gentili e per un periodo più lungo di tempo affinché possano cedere, sentire la sollecitazione e rispondere alla stessa adeguatamente. 

Le nostre articolazioni possono essere viste semplicemente come spazi tra le ossa nei quali è possibile il movimento. 

Gli stabilizzatori delle articolazioni sono i legamenti, i muscoli e i tendini che collegano le ossa assieme tra di loro. Generalmente uno dei  compiti dei muscoli è proteggere le articolazioni. Infatti se c’è troppa sollecitazione nell’articolazione è il muscolo che si danneggerà prima, poi i legamenti, e infine l’articolazione. Da questo punto di vista lo Yang Yoga per come è strutturato non è fatto per allenare l’articolazione ed è per questo che è così importante allineare correttamente il corpo per entrare nelle varie posizioni.

Yin Yang

Lo Yin nello Yang

Una cosa interessante che è riscontrabile nel simbolo del Tao è che all’interno dello Yang è contenuto un punto Yin e all’interno dello Yin è contenuto un punto Yang. Allo stesso modo all’interno dei muscoli che sono Yang  permea la fascia che come una rete capillare collega e dà struttura ai tessuti mantenendoli nella posizione dove sono e rivestendo anche i singoli gruppi di cellule. Si può dire che circa il 30% di quello che noi chiamiamo muscoli è in realtà fascia ed è proprio la fascia  all’interno dei nostri muscoli che determina l’ampiezza del movimento mentre sono le cellule che compongono le fibre stesse che ne determinano la forza sviluppata con la contrazione.

 Se lo Yang Yoga è veramente ottimale per sviluppare la qualità di forza dei nostri muscoli sorprendentemente è solo una pratica Yin, ossia mantenere la posa per un tempo più lungo, che aiuta in modo profondo ed efficace ad aumentare l’ampiezza del movimento.

Lo Yang nello Yin

All’interno dei nostri tessuti Yin possiamo trovare anche elementi Yang.  Nella fascia e nei legamenti ci sono fibre che si contraggono esattamente come accade all’interno dei nostri muscoli. Troviamo fibre elastiche chiamate elastine: i nostri tessuti connettivi possono contrarsi e accorciarsi. 

La vita ed i suoi periodi Yin e Yang

Fisiologicamente, attraverso la nostra pratica dello Yoga,  mettiamo le basi alla nostra stabilità e alla nostra mobilità. Se osserviamo ad esempio l’arco della nostra vita e il nostro invecchiamento, che può accadere più velocemente o più lentamente, notiamo che tutto comincia in modo assolutamente Yang: da infanti noi abbiamo la mobilità, le articolazioni sono notevolmente mobili, ma non abbiamo la stabilità. Crescendo lentamente ci irrigidiamo e diventiamo lentamente più Yin: la stabilità arriva con l’avanzare dell’età. 

Da ragazzi non abbiamo bisogno di ulteriore mobilità (ossia di rendere più Yang ciò che è Yin). La nostra parte Yin (stabile, rigida, ferma, piantata) è invero alquanto mancante. Al contrario abbiamo bisogno di ottenere più stabilità (rigidità-Yin) e quindi abbiamo bisogno di lavorare sulla parte Yin di ciò che è Yang, ossia sui nostri muscoli, per renderli più stabili, forti, spessi, ed aiutando quindi attraverso i muscoli le articolazioni rinforzandole e proteggendole. 

Quindi esiste un tempo Yang della nostra vita nel quale abbisogniamo forme di esercizio apposite, ed esiste un tempo Yin della nostra vita nel quale per non perdere la mobilità o riguadagnare la mobilità persa (a livello dell’articolazione o della fascia) abbiamo bisogno di esercizi Yin, ossia che aiutino le articolazioni semisaldate o bloccate a sciogliersi.  Senza un particolare esercizio corriamo il rischio di diventare sempre più rigidi con l’invecchiamento perdendo in breve tempo gran parte della mobilità originale delle nostre articolazioni.

Le forme di esercizio adeguate

 Tutte le forme di esercizio hanno in comune due caratteristiche:

  1.  inizialmente bisogna sollecitare i tessuti
  2.  successivamente occorre lasciare del tempo ai tessuti di riposarsi

Il problema della nostra società moderna è che sollecita molto il nostro sistema ma ci permette di prenderci poco tempo per la seconda fase e non meno importante che è quella di riposo.  Noi abbiamo un grande bisogno di sollecitare il corpo, i muscoli, la mente ma abbiamo enorme bisogno anche di lasciare che il corpo, i muscoli e la mente si riposino. 

C’è uno specifico bilanciamento Yin/Yang che conduce  allo stato di benessere, troppo Yin o troppo Yang non vanno bene in nessun caso,  gli eccessi non portano ad uno sviluppo armonico e salutare del nostro corpo. 

Per non danneggiare i nostri tessuti occorre prestare particolare attenzione ad applicare uno sforzo Yang ai tessuti Yang e uno sforzo Yin ai tessuti Yin.  Noi contraiamo i nostri muscoli per proteggere le articolazioni e rilassiamo i nostri muscoli per sollecitare ed esercitare le nostre articolazioni.

 

Continua ad approfondire:

Yin Yoga in generale

Introduzione allo Yin Yoga

Storia dello Yin Yoga

La Pratica dello Yin Yoga

Posizioni nello Yin Yoga

 

FILOSOFIA E HATHA YOGA

Le origini dello Yoga

Il sistema Sankhya

Gli Yoga sutra

Yoga Marga, le vie dello Yoga

 

 

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La vita è un problema?

fine giornata

Arrivare a fine giornata.

Risolvere quel problema.

Risolvere un altro problema.

Risolvere un problema dietro l’altro.

La vita è un problema.

La vita è un problema?

E’ questo il nostro modo di vivere?

Vivere la vita come un problema da risolvere?

E risolto un problema ne affrontiamo un altro?

Che messaggio inconscio arriva alle nostre cellule?

La gioia di vivere?

O la pesantezza della vita?

Il nostro corpo, le nostre cellule, la nostra anima…saranno contente di Esserci?

La malattia e infine la morte potrebbero non essere allora problemi, non sono loro il problema.

Potrebbero essere la soluzione migliore che libera definitivamente dallo stress del lavoro, o da una vita sofferta, trascorsa a risolvere problemi. Ci pensano le nostre cellule a scegliere per noi, dopo infiniti messaggi ricevuti, anno dopo anno, mese dopo mese, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, che la vita è dura, è un problema, è uno stress.

E’ possibile fare ciò che si fa ma vedendo il bicchiere mezzo pieno anziché mezzovuoto?

E’ possibile risolvere problemi col sorriso?

Perché le difficoltà della vita non sono erbe estirpabili, rimarranno sempre.

Come allora non percepirle come problemi da risolvere?

 

 

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Yoga e Accettazione

acceptance

Spesso nello Yoga si sente parlare di accettazione.

Di non opporre resistenza alla vita, accettare quel che viene senza desiderare cambiarlo.

Lasciar andare.

Conveniamo tutti che accettare di essersi svegliati in una giornata di pioggia, di essersi sporcati la camicia, di trovare traffico o di dover rialzarsi dopo una sconfitta qualsiasi non è particolarmente difficile.

Ce la si può fare (alcuni con fatica ma ce la fanno)!!

Quando il lato più difficile della vita invece bussa alla tua porta, la situazione è diversa.

Nel lutto, nella malattia, accettare quel che viene dalla vita non è facile.

Tuttavia l’esercizio comincia proprio nella quotidianità: è nelle piccolezze e nei leggeri disagi di ogni giorno che ci si prepara a vivere anche i momenti più difficili (e in un certo verso il lavoro dello yoga aiuta proprio in questo).

Credo però che il termine accettare non aiuti a capire bene cosa si intenda veramente.

La sfumatura linguistica riportata anche nel dizionario associa all’accettare il “sopportare un evento negativo”.

Ma “sopportare” non è “accettare”.

Accettare è non creare resistenza alcuna, lasciar andare la resistenza.

Accettare non è viversi la vita con reticenza, rimuginando su ciò che ci accade, desiderando essere altrove o continuando a ripetersi che si vorrebbe essere in un altro posto.

La predisposizione d’animo che meglio descrive ciò che il vero accettare porta con sé sta ancora nel verbo “scegliere”.

Accettare un evento veramente vuol dire arrivare a sceglierlo dentro, scegliere di vivere ciò che la vita propone. Perché accettare non vuol dire vivere con resistenza ciò che la vita ti mette davanti, non vuol dire voler vivere altro e sopportare nel frattempo la nostra sofferta esistenza. La profonda accettazione include la scelta vera e consapevole, dire di sì alla vita, accettare la sofferenza, accoglierla, dire sì anche ai momenti più difficili come se li avessimo cercati, scelti.

E non è una scelta mentale.

Non riuscirete a convincervi con la mente.

E’ una scelta viscerale.

Va fatta con la pancia.

E’ un salto nel vuoto, un affidarsi alla vita in modo totale.

E’ scevra dalla paura di soffrire e pregna della consapevolezza che non ci siamo incarnati in questa vita per godercela, per spassarcela, ma per esperire.

Per vivere delle esperienze.

Giudicare le esperienze e categorizzarle in positive e negative è un brutto vizio.

La morale cattolica dell’“essere felici” è facilmente fraintendibile. Si rischia di crescere con l’idea che dobbiamo essere felici e che la sofferenza vada evitata come la peste.

Mio marito ha una malattia? Scappo con un altro uomo. Mia moglie soffre? Scappo con un’altra donna. Il mio amico soffre? Non lo chiamo più.

Inoltre vorrei farvi riflettere: opporsi che beneficio può portare?

Se ti opponi alla pioggia cesserà mai di scendere?

 

 

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Yoga, obiettivi e presenza

Yoga, obiettivi e presenza

 

infinito

Lo Yoga è infinito.
Deve esserlo per forza, avesse una fine ci sarebbe allora un qualcosa da raggiungere, una mèta, un arrivo, un momento in cui possiamo dire “Ecco, sono arrivato”.
Esisterebbe uno scopo ultimo, un “gran finale” a cui aspirare per tutto il corso della nostra vita, qualcosa che “noi” possiamo conquistare, qualcosa che la nostra “persona” può davvero realizzare.
Fosse così esisterebbe il senso di incompiutezza, la frustrazione di non riuscire a far questo o quello. Come possiamo sentirci frustrati per non ottenere questo o quello a livello materiale, la casa dei nostri sogni o il lavoro ideale, così lo stesso meccanismo verrebbe riproposto pari pari a livello spirituale.
Possibile?
L’altro giorno leggo una frase:” Maybe not in this life”
Quanta libertà nel dirsi così! Magari non in questa vita. Magari non raggiungerò quell’asana o chissà quale realizzazione spirituale in questa vita, si accetta la cosa, e fine.
In molti dicono: Pratica! Realizzati! Illuminati! Studia! Fai! Non hai tempo. Chi ha tempo non aspetti tempo. Fai oggi quello che potresti fare domani! Fai! Fai! Pratica oggi! La vita è breve.
La vita è breve.
La vita è breve?
Sicuramente se continuo a fare senza averla gustata vola in un lampo.
Eh, certo. Facessi così vuol dire che sono sempre da un’altra parte con la testa.
Sempre nel dopo, sempre nel dover fare qualcosa per…
Devo praticare per…
Devo realizzarmi…
Non ho tempo…
Non ho tempo?
Davvero non ne ho?
Non ho tempo da perdere inseguendo l’idea della realizzazione.
Non ho certamente tempo da perdere inseguendo l’idea dell’illuminazione.
Allora, quando butto via questa idea, per quanto grandiosa sembri, per quanto amaro in bocca resti, per quanto in antitesi sembri questo gesto con tutto quello che viene insegnato…
Ecco, quando butto via questa idea la mente rimane con un’idea in meno, meno aspettative, ansie, meno cose da dover fare e più SPAZIO.
Spazio per accorgermi del Qui ed Ora.
Di cosa sto facendo.
Maybe not in this life.
Fa lo stesso se non mi illuminerò, fa lo stesso se non realizzerò nulla.
Fa lo stesso.
Maybe not in this life.
Poi, la pace.
La tranquillità di poterci mettere degli anni.
La tranquillità di avere tempo.
Ma non il tempo di fare qualcosa PER raggiungere un obiettivo, ma il tempo di fare qualcosa per il solo gusto di farlo. Abbiamo ancora del tempo che possiamo usare per gustare i momenti presenti, possiamo stare nel presente, stare nel tempo, stare ora, qui, adesso.
E’ questo il tempo che abbiamo.
E’ questo il tempo che dimentichiamo quando siamo intenti nell’idea di raggiungere qualcosa.
Funziona proprio all’incontrario.
Quando siamo nell’idea di raggiungere qualcosa perché sentiamo di avere poco tempo stiamo perdendo l’opportunità unica di vivere quell’istante. Perdiamo l’attimo, perdiamo il tempo, perdiamo l’adesso.
Se senti questo, tutto si illumina.
Sparisce l’attrito del “devo praticare”.
Ci si approccia allora alla pratica come un regalo, come una coccola che ci si fa, che ci si dona semplicemente perché ne si ha voglia, ne si sente il desiderio, si ha voglia di riconnettersi, ricongiungersi, sentire di nuovo il cuore che si scioglie nel grazie alla vita, nel grazie di questo istante di vita che ci è permesso di vivere.
Praticare diventa riconnessione con il nostro corpo, con il nostro respiro, il nostro battito cardiaco.
Diventa scoperta, curiosità, fanciullezza.
Diventa stare con l’adesso, con quello che c’è e apprezzarlo come fosse un tramonto.
E tutto, come per magia, diventa sacro.

 

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Sensibilità: ostacolo o aiuto?

Sensibilità

Ogni tanto la sensibilità sembra esserci di ostacolo.
Ci rimaniamo male più facilmente di fronte alle asperità della vita. Potremmo addirittura toccare istanti di depressione profonda perché vediamo cose che la maggior parte delle persone non nota neppure. Sembra quasi di vivere in una musica stonata.
Chi ha il coraggio di guardare la realtà in faccia, di non girarsi dall’altra parte e annegare le sue sensazioni più sottili in una superficialità e distacco disarmanti rischia davvero di restare impantanato in un loop mentale di depressione anche davvero profonda e più che comprensibile.
Tuttavia…
…chi è sensibile ha anche una grande responsabilità.
E’ come se vedesse più in là di tanti altri.
E’ come se fosse sul Titanic.
Mentre 950 persone gozzovigliano allegramente magari solo una decina notano con crescente ansia la nave avvicinarsi agli iceberg. Notano il problema perché sono svegli e perché guardano la realtà in faccia.
Avete la responsabilità di fare qualcosa.
Se non voi, chi?
La maggior parte delle persone vive come delle macchine: ripetitori WIFI. Arrivano delle onde, le ricevono e le riemettono con rinnovata potenza.
Arriva la negatività e viene riemessa.
Arriva la positività e viene riemessa.
Tutto questo in modo meccanico, senza accorgersi di cosa si sta facendo. Lo stato d’animo in cui si vive diventa conseguenza quindi delle onde ricevute.
Se sono felice dipende dalle condizioni esterne.
Se sono triste dipende dalle condizioni esterne.
Si perde la facoltà di decidere.
Si perde il timone della nave.
Si diventa come degli zombie colorati dalla vita e dagli eventi, senza Esserci dentro, senza avere il benché minimo potere su noi stessi.
In completa balìa degli eventi si agisce in modo meccanico.
Chi è sensibile si accorge innanzitutto di quante onde negative esistano.
Inizialmente ci rimane male, quasi soffocato.
Poi, però, potrebbe rendersi conto che può fare la differenza.
Decidere di non riemettere la negatività, ma solo la positività.
Senza rifiutare le onde negative, senza arrabbiarsi per la loro esistenza, ma rendendosi conto che può contribuire ad un mondo migliore.

Piantate un fiore.fiore

Non serve materialmente, basta farlo anche a livello sottile, emotivo, spirituale. Un sorriso in più, una reazione meccanica in meno, una gentilezza in più, una reazione d’impulso e non nostra in meno.

Se siete sensibili vi accorgete sicuramente di questo, di questo meccanismo di cui sto parlando. E se vi accorgete di questo avete anche il potere di fare qualcosa.
La sensibilità quindi è il potere di cambiare le cose, e la responsabilità di farlo.
Piantate un fiore.
Qualcuno magari lo calpesterà subito dopo.
Fa lo stesso.
Non piantatelo per la gioia di vederlo crescere. Non piantatelo con l’aspettativa che venga riconosciuto.
Piantatelo per il gusto di farlo, per rendere il mondo, nel vostro piccolo, un posto più bello in cui vivere.
Piantatelo per il gusto di averci provato e per la gioia di provarci, ancora e ancora.
Se non avrà l’effetto sperato fa lo stesso.
Col sorriso ci riproveremo di nuovo.
Se qualcuno noterà il fiore però, avrete reso la sua vita più bella e avrete dato un senso a questo dono meraviglioso che avete.

Amate la vostra sensibilità e il mondo migliorerà grazie a lei.
Piantate un fiore.

 

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Shavasana

Shavasana

shavasana

E’ giunto il momento di rilassare il corpo in modo che diventi più forte e più sano. E’ la piccola morte di Shavasana (che letteralmente significa “posizione morta”). Shavasana simboleggia la fine della vostra pratica – un naturale completamento del viaggio che avete fatto.

Se si sta praticando da soli, si consiglia di impostare un timer per il vostro rilassamento finale. Non è raro che gli studenti si addormentino. Addormentarsi va bene, ma la maggior parte degli insegnanti preferisce che si rimanga vigili e coscienti. Per una pratica Yang, una buona regola empirica è di concedersi il 10-15% del tempo di pratica per il rilassamento finale. Per lo stile yin, poiché i muscoli non sono stati utilizzati, un periodo più breve è ok – può essere 5% o 8% del tempo di pratica degli asana.

Shavasana non è solo un momento per rilassare il corpo; in questo tempo di quiete la mente è bene che rimanga rilassata ma presente perché per rilassare in profondità la muscolatura occorre consapevolezza. Si consiglia di prestare attenzione alle energie che fluiscono nel corpo, alle microsensazioni, a come il peso si scarica a terra, ai muscoli che si rilassano. Questo è il momento ideale per sviluppare la vostra capacità di sentire il corpo e le energie. E’ difficile farlo quando si è in posizione e ancora di più se la pratica è dinamica. Mentre vi rilassate attivamente, osservate il flusso di Chi o prana scorrere dentro o al di fuori delle aree in cui si ha lavorato durante la sessione. In un primo momento è necessario immaginare di poter sentire queste energie, poi col tempo e il raffinarsi della capacità percettiva diventerà tutto più chiaro. Occorre approcciare l’asana con apertura mentale e con la necessaria curiosità. Ci sono molti modi per eseguire Shavasana, e molti insegnanti hanno il loro propri metodi unici e preferiti. Raccogliere diversi modi di rilassarsi prendendo spunto da diversi insegnanti aiuta molto ad ampliare gli orizzonti di pratica. Con un repertorio più ampio, è possibile scegliere qual è il modo migliore per guidare al rilassamento la classe o anche se stessi nella propria pratica. Il seguente suggerimento è solo uno dei tanti e delle possibili opzioni.

PREPARARSI AL RELAX

All’inizio, come insegnanti, occorrerà assicurarsi che i dintorni siano adatti per rilassamento. Se si sta praticando da soli, rendere il vostro ambiente tranquillo: scollegare i telefoni, spegnere i rumori, aprire le finestre per consentire l’ingresso di aria fresca se l’aria non è sufficientemente pura, ma stare al caldo magari con una coperta, mettere gli animali domestici in un’altra stanza, togliere occhiali e rimuovere tutto ciò che può restringere il flusso di energia, spegnere o abbassare le luci, ma in modo da non incoraggiarvi a dormire e perdervi completamente perché una stanza completamente buia potrebbe farvi cadere nel sonno. Qualcuno consiglia anche di rimuovere tutti i cerchi metallici come anelli, bracciali, piercing…

Si Inizia lasciando che il corpo si distenda e si apra.

Se si sta facendo Shavasana dopo una pratica yang in cui si ha sudato potrebbe essere necessario cambiare la maglietta per evitare di raffreddarsi troppo. E’ possibile piegare le ginocchia infilando un bolster sotto o una coperta piegata. Le punte dei piedi cadono verso l’esterno, a seconda di quale sia più rilassato. C’è chi fa tenere le gambe e le mani vicine al corpo per non disperdere troppo calore, altri che invitano ad allargare bene mani e piedi formando un pentacolo col corpo in segno di completa apertura e abbandono.

Altri fanno abbassare bene le spalle, avvicinare le scapole tra loro, con i gomiti verso il busto e gli avanbracci aperti all’esterno ma tutti concordano sul tenere i palmi delle mani verso l’alto.

Allungare leggermente il collo inclinando il mento verso i piedi. È possibile anche far rotolare la testa da un lato all’altro un paio di volte, fino a trovare una confortevole posizione al centro.

 

RILASSARSI COMPLETAMENTE

Il rilassamento profondo può essere fatto in sincronia con l’espiro, immaginando che ad ogni espiro il corpo si rilassi sempre più. Nello Yoga Nidra una pratica che aiuta molto è la rotazione della coscienza, ossia una rotazione, un percorso “circolare” della coscienza nel proprio corpo che va ad ascoltare le sensazioni percepibili dalle parti del corpo in esame. Nella rotazione della coscienza le varie parti del corpo vengono elencate dall’insegnante con un certo ritmo. E’ possibile anche dedicare più tempo ad ogni parte e in modo sincrono al respiro rilassarla sulla fase di rechaka (espiro).

Si può cominciare la scansione del corpo partendo dai piedi o dalle mani e solitamente viene fatto un lato del corpo, dalla mano al piede o viceversa, e poi l’altro. Successivamente è possibile concentrarsi su una rotazione/scansione fronte retro, partendo dai piedi, salendo sul retro del corpo (parte che tocca a terra), per arrivare alla nuca, al viso e a scendere di nuovo sulla parte frontale verso i piedi. In un secondo momento è interessante concentrarsi su macro aree, interi arti o coppie di arti per arrivare alla consapevolezza dell’intero corpo.

A questo punto il corpo, che è rimasto immobile per diversi minuti, potrebbe dare la sensazione di pesantezza. Se la muscolatura profonda è stata rilassata consapevolmente è possibile notare che parti che prima si credevano rilassate si aprono, rilassandosi ancora di più. E’ possibile proprio notare come il rilassamento profondo vada ad agire su muscoli che erano inconsapevolmente attivi, come quelli che aiutano a mantenere il tono muscolare.

La sensazione di immobilità e di pesantezza protratta per un certo lasso di tempo conduce alla peculiare sensazione di un corpo che scompare e a quel punto la consapevolezza può essere guidata verso il centro del capo.

Ai praticanti più esperti si può consigliare anche di rilassare profondamente la testa immaginando che l’eventuale sonno presente possa sedimentarsi verso terra lasciando la mente fresca e sveglia.

E’ possibile dopo la fase di pesantezza (rilassamento profondo) guidare ad una progressiva fase di riscaldamento del corpo, immaginando che diventi sempre più caldo, o, se questa accade spontaneamente, il che non è affatto raro, portare l’attenzione sul senso di calore che viene a pervadere il corpo.

Non sempre però si ha il tempo di guidare un rilassamento completo e profondo in tutti i dettagli, perché la pratica di Shavasana può essere una pratica a sé stante della durata anche di 45-60 minuti (al termine della quale si percepisce con chiarezza l’indolenzimento delle parti immobili su cui il corpo scarica il proprio peso, nuca in primis, e la voglia di muoversi ed uscire dalla posizione che va eventualmente controllata e guidata fino al termine della sessione).

Alcuni insegnanti ovviano a questo problema facendo concentrare gli allievi solo sulla fase di espiro e con ogni espiro ricordare loro l’intendo di rilassare progressivamente e completamente il corpo.

Tuttavia non è possibile fornire una regola o uno schema da seguire. Ad esempio se l’insegnante ha parlato tanto durante la lezione potrebbe essere il momento di lasciare il gruppo nel silenzio, ognuno con i propri pensieri o le proprie sensazioni, oppure accompagnare il rilassamento con una musica appropriata o un mantra o una lettura di qualche passo interessante di un buon libro, oppure usare il rilassamento profondo per una comunione intima col respiro preparando la classe al pranayama o consigliando alcune tecniche di pranayama che favoriscono il rilassamento e l’ossigenazione dei tessuti.

USCIRE DALLA POSIZIONE

Per uscire dalla posizione di shavasana ci sono moltissimi metodi ma tutti concordano sull’estrema dolcezza e lentezza, nei modi e nei tempi. C’è chi guida alla riattivazione del corpo con delle respirazioni dolci e profonde, altri che preferiscono concentrarsi subito sull’idea di muovere le dita delle mani o dei piedi, altri che fanno direttamente muovere le dita. Generalmente il risveglio viene fatto riattivando il corpo partendo dalle zone più distanti (piedi e mani) per poi gradualmente riattivare tutto il sistema. Anche il stiracchiarsi, sbadigliare o farsi un massaggio al corpo o al viso può essere gradito e consigliato. Per rialzarsi in posizione seduta c’è chi fa girarsi sul fianco destro, scelto per non comprimere il cuore che rimane nel fianco verso l’alto, rimanere qualche istante in posizione e poi rialzarsi. Altri che lasciano ai praticanti stessi la libertà di scegliere i modi e i tempi che preferiscono per guidarli alla sensibilizzazione delle loro percezioni e portandoli all’ascolto delle sensazioni del corpo e delle sue necessità.

 

 

 

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Tripod

Tripod

 

tripod

Benefici

  • Allunga i fianchi, rinforza la schiena e le gambe
  • Posizione Yang che riequilibra i flussi energetici Yin/Yang del corpo
  • Estende leggermente la colonna e il collo e può essere usata come controposizione dopo le flessioni forntali
  • Allungando i fianchi prepara a lavori più profondi come bananasana

Controindicazioni

  • Difficoltà alla spalle, spalle deboli. Nel caso eseguire TableTop.

Come entrare in posizione

  • Partendo da Tabletop si allunga una mano oltre la testa lungo la linea del torace e la gamba opposta.

Alternative

  • E’ possibile fare la posizione a brevi “ripetute” alternando DX/SX/
  • E’ possibile combinare la posizione con altre in cui si lavora in flessione della colonna. Esempio: Half Butterfly DX/caterpillar – Tabletop – Tripod DX – Half Butterfly SX/caterpillar – Tabletop – Tripod SX

Come uscire dalla posizione

  • Per uscire si consiglia di passare a tabletop prima di scendere.
  • Interessante in sequenza anche scendere in Half Butterfly o Half Squat o prendere la posizione partendo da Half Butterfly o Half Squat

Controposizioni

  • È una posizione dinamica e yang che non è mai mantenuta per minuti interi. Anche se fatta in sequenza fare il lato opposto della stessa è la controposizione ideale
  • E’ usata come controposizione ad alcune flessioni frontali della colonna

Meridiani

  • Cistifellea e Fegato per la zona laterale del busto, Stomaco per il quadricipite
  • Cuore e polmoni per le braccia

Articolazioni

  • Collo, colonna, bacino

Tempo

  • 5-10-20 secondi o meno ogni ripetizione. Per allievi esperti allungare i tempi.

Altri consigli

  • Passando da Half Squat a Tripod occorre riposizionare il piede d’appoggio su cui si scarica il peso.
  • Da provare anche in sequenza con Straddle e varianti di straddle in torsione

 

 

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Toe Squat

Toe Squat

toe squat

Benefici

  • Apre le dita dei piedi e gli archi plantari, rinforza le caviglie
  • Stimola tutti i meridiani della parte inferiore del corpo con maggior accento a quello dei reni

Controindicazioni

  • Seduti sui talloni può stressare anche le ginocchia. Occorre prestare attenzione a questa parte.
  • Se le caviglie o le dita dei piedi sono molto rigide è meglio non stare in questa posizione a lungo

Come entrare in posizione

  • Si parte seduti sui talloni con i piedi vicini, portando il peso sulle ginocchia si flette la caviglia e si estendono le dita in modo da appoggiare con i polpastrelli e col metatarso sul pavimento, punto quest’ultimo su cui scaricare il peso.

Alternative

  • E’ possibile fare la posizione a brevi “ripetute”. Ci si siede in posizione, ci si alza sulle ginocchia quando si ha difficoltà risedendosi nel momento in cui ci si sente pronti nuovamente alla postura.
  • E’ possibile combinare la posizione con altre in cui si lavora prevalentemente con la parte alta del corpo (mani in garudasana, mani in gomukasana)
  • Si può flettere leggermente il busto in avanti per togliere peso agli archi plantari scaricando eventualmente a terra con le braccia in appoggio sul pavimento davanti a noi
  • Se si ha difficoltà alle ginocchia è possibile posizionare un cuscino o un bolster tra i polpacci e le cosce in modo da alzare il busto
  • Con dei mattoncini è possibile costruirsi un appoggio più vicino per scaricare con le braccia il peso lateralmente in modo da alleggerire il carico sugli archi plantari

Come uscire dalla posizione

  • Per uscire si raccomanda estrema lentezza gustando ogni istante e sensazione.

Controposizioni

  • Ankle stretch
  • Child’s pose o posizioni che aprano le caviglie (saddle…)

Meridiani

  • Tutti i meridiani delle gambe specialmente milza e stomaco per i quadricipiti, reni per gli archi plantari, milza stomaco con reni e fegato per gli inguini in compressione, si aggiunge anche cistifellea per il lavoro sulle caviglie. Eventualmente altri meridiani se si completa con un lavoro sulla parte alta del corpo.

Articolazioni

  • Dita del piede e caviglie

Tempo

  • 2-3 minuti

Altri consigli

  • Non rimanere nella posizione nel dolore. Ci si alza, si stempera l’attrito e quando si è pronti si torna nuovamente in posizione.
  • Questa posizione può diventare abbastanza intensa per molte persone anche molto velocemente. Occorre prestare attenzione al livello di intensità e dare i consigli giusti quando necessario.
  • E’ un’idea, se si aggiunge anche il lavoro con la parte alta, per aumentare il tempo in posizione sulle spalle e braccia stare i 2-3 minuti necessari, uscire dalla posizione facendo ankle stretch, e rifare Toe Squat invertendo le braccia.

 

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Table top

Table Top

tabletop

Table top: Benefici

  • Rinforza i muscoli della schiena
  • Allunga le spalle
  • Se fatta con il corpo disteso e il collo reclinato all’indietro stimola la tiroide
  • Ottima controposizione che estende la colonna e il collo attivando i muscoli ischiocrurali e dorsali

Controindicazioni

  • Se le spalle sono particolarmente deboli o rigide è preferibile lavorare con altre posizioni come Infant (shalabasana)
  • Se si soffre di cervicale o problematiche varie al collo non estenderlo all’indietro. In alcune persone può essere che le estensioni all’indietro del capo occludano parzialmente le arterie e potrebbe quindi comparire offuscamenti della vista o giramenti del capo. Nel caso evitare l’estensione e mantenere la testa in linea con la colonna

Come entrare in posizione

  • Partendo seduti sul tappetino con gambe flesse e piante dei piedi a terra due o tre spanne dal bacino e larghi quanto le spalle, posizionare le mani a terra dietro la schiena e alzare il bacino verso l’alto il più possibile
  • Nella versione con gambe allungate occorre regolare la posizione iniziale dei piedi portandoli un po’ più avanti

Alternativetabletop

  • La posizione può essere fatta nelle due varianti a gambe flesse o distese

Come uscire dalla posizione

  • Si riporta la testa in linea con la colonna mentre si scende col bacino verso terra

Controposizioni

  • Essendo una posizione Yang è Solitamente usata essa stessa come controposizione ad altre Yin e non è mai eseguita per più di un minuto.

Meridiani

  • Vescica per contrazione sulla schiena, reni per contrazione sul retro delle gambe. Crasso (poco) e stomaco (di più) per l’estensione del collo sulla parte frontale
  • Se anche la caviglia è estesa si lavora anche su stomaco, milza e fegato

Articolazioni

  • Spalle, caviglie e collo

Tempo

  • 1 minuto o meno

Altri consigli

  • E’ possibile praticare la posizione per più tempo con successive “ripetute” intervallate da leggere flessioni frontali o anche da Caterpillar.
  • Nome sanscrito: ardha purvottanasana

 

 

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Swan and Sleeping Swan

Swan and Sleeping Swan

swan

Benefici

  • E’ un modo vigoroso per aprire le anche permettendo alla gravità di fare il lavoro
  • E’ una forte rotazione esterna dell’anca
  • Allunga i quadricipiti e i flessori dell’anca (Psoas) della gamba posteriore
  • Se fatta con estensione spinale può essere una estensione anche molto intensa
  • Può alleviare la sintomatologia del ciclo mestruale (crampi)

Controindicazioni

  • Se si hanno ginocchia doloranti o ai menischi (specialmente quello interno) occorre stare attenti alle sensazioni e casomai, se nemmeno con i dovuti props si riesca a stemperare l’attrito, evitare la posizione
  • Avvicinando il piede al bacino si riduce l’extrarotazione dell’anca, se si porta il piede frontale invece più lontano dal bacino la si aumenta. Usare questa accortezza con chi ha le anche molto rigide

Come entrare in posizione

  • Partendo da Downdog si porta un ginocchio in mezzo alle mani e lentamente si rilassa il bacino permettendogli di arrivare a contatto col pavimento. E’ possibile prendere la posizione anche partendo dal gatto (più semplice).

Alternative

  • Per proteggere il ginocchio frontale aiuta mantenere il piede della gamba flesso (a martello)
  • Scendendo è possibile scaricare il peso a terra usando i props o aiutandosi con le mani. Si può sorreggere la testa con mani o mattoncini o bolster, stesso dicasi per il torace che si può distendere sul bolster se abbastanza vicino a terra. Anche i gomiti possono scaricare il peso su mattonci, su bolster o direttamente a terra. Se la posizione è comoda si si distende completamente e sarà la fronte che scaricherà il peso direttamente a terra.
  • Se si è molto flessibili occorre lavorare di più con la gamba frontale portando lo stinco il più parallelo possibile alla linea del bacino ileo-ileo. Eventualmente aggiungendo anche la flessione spinale sdraiandosi sopra lo stinco.
  • Posizioni che lavorano similmente il corpo sono Reclining Pidgeon (Eye of the needle pose), Shoelace e Square pose.
  • E’ possibile per i più esperti aggiungere delle estensioni spinali
  • Sempre per i più esperti è possibile aggiunge più lavoro ai muscoli flessori delle anche piegando il ginocchio posteriore e andando con una cinghia a collegare la caviglia del piede della gamba posteriore alla spalla dello stesso lato. Mano a mano che la posizione si scioglie stringere la cinghia.
  • E’ possibile prendersi le mani in Full Swan dietro la schiena e provare ad avvicinarle a terra per estendere la colonna
  • Per chi ha difficoltà o dolore alle ginocchia è possibile portare l’ischio del lato della gamba frontale sopra la parte terminale di un bolster per alzare il bacino e portare la linea degli ilei perpendicolare alla lunghezza del tappetino

Come uscire dalla posizione

  • Aiutandosi con le mani si riporta il busto frontale e puntando il piede posteriore a terra ci si alza di nuovo in Downdog o si ritorna nel Gatto.

Controposizioni

  • Windshield Wipers
  • Child’s pose
  • Downdog e poi child’s pose

Meridiani

  • Fegato, Reni, Stomaco, Milza, Cistifellea e Vescica

Articolazioni

  • Anche e parte bassa della colonna
  • Le ginocchia NON devono essere interessate-stressate nella posizione

Tempo

  • 1-3 minuti se in estensione
  • 3-5-10 se in posizione sdraiata

Altri consigli

  • E’ possibile cominciare in Full Swan (con estensione) e poi passare in Sleeping Swan nella seconda parte del tempo dell’asana
  • Full Swan allunga e lavora di più i flessori della gamba posteriore mentre Sleeping Swan l’apertura delle anche

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