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Sistema Sankhya

Sistema Sankhya

 

Fondatore: Kapila (VI-VII sec A.C.)

  • Primo testo scritto 350 D.C circa da Isvarakrsna
  • Intento: dare un ordine alle speculazioni delle Upanisad tentando di trasmetterle all’interno della civiltà Indiana
  • Classifica tutti i principi, o elementi costitutivi, della realtà micro e macro cosmica e lo fa cercando un ordine evolutivo in cui la realtà fenomenica si dispiega, grado per grado, differenziandosi

kapila

Ignoranza e Conoscenza

Tutti i vari sistemi Darsana partono dall’assunto che l’esistenza terrena è permeata dal dolore e che l’infelicità le fa da sfondo. Liberarsi da questa infelicità diventa quindi obiettivo nobile e fondamentale, e il tentare di perseguirlo è il fine assoluto dell’anima, ciò che rendere la vita degna di essere vissuta. Ricordando che in India da sempre si sostiene che le anime trasmigrino di corpo in corpo possiamo anticipare già dove questo ragionamento conduce: se questo mondo, così radicato nella sofferenza, non avesse un aldilà non ci sarebbe liberazione in eterno. Non accettando questa seconda tesi possiamo dire che deve esistere un mondo che i nostri sensi non afferrano e nel quale risiede la chiave per la liberazione dal dolore. Il dualismo tra esistenza empirica ed esistenza assoluta che nasce da questo ragionamento si risolve nel constatare che noi non possiamo che appartenere all’assoluto. E’ poiché ignoriamo la vera natura del Sè, ecco allora la nostra identificazione con l’intelletto, con i sensi, col corpo, con la personalità empirica. Ciò che accade in seguito a questa ignoranza è molto pragmatico:

  1. Durante la vita si esperisce fasi di piacere e di dolore
  2. Nasce il desiderio per il piacere e l’avversione al dolore
  3. Si tende ad agire in base a questo e le azioni che ne conseguono, a seconda di come sono, generano merito o demerito
  4. Agendo si generano delle impressioni nella coscienza, possiamo chiamarle Karma, che determinano il ciclo delle vite (Samsara) che la nostra anima dovrà esperire.

In altre parole:

  • Qual è la causa della vecchiaia e della morte e di tutte le altre miserie dell’esistenza?
  • La nascita. E la nascita è una conseguenza dell’esistenza metafisica dell’individuo anteriormente alla nascita (l’essere che si reincarna).
  • L’esistenza metafisica è conseguenza della volontà metafisica di esistere.
  • La volontà metafisica di esistere è conseguenza del desiderio.
  • Il desiderio è conseguenza della sensazione (piacevole o spiacevole).
  • La sensazione nasce dal contatto fra i sensi e i loro oggetti.
  • I sensi e i loro oggetti sono conseguenza dell’individualità che pone sé stessa come soggetto
  • Questa individualità è conseguenza dell’intelligenza perché solo se c’è pensiero può l’individuo pensare e porre sé stesso come soggetto.
  • Occorre pertanto andare oltre l’intelligenza per trovare la soluzione.
  • Cosa c’è oltre? Il sè.

La soluzione all’ignoranza per il sistema Sankhya è la Conoscenza. Conoscenza che va dunque intesa nella sua accezione più profonda: cosa è il Sé? Cosa non è?

Le strade per ottenere la Felicità

Le strade che l’uomo ha tentato invano per liberarsi dal dolore sono davanti ai nostri occhi. Ricondurre la felicità all’acquisizione di beni materiali aumenta il desiderio stesso di possesso e non appaga del tutto, essendo i beni materiali non assoluti e soggetti alle leggi del tempo. Se la felicità a cui si mira è assoluta deve per forza anche essere stabile e duratura, ed una volta acquisita non può essere persa. Definita così anche la felicità derivante dall’appagamento dei nostri desideri di beni materiali o immateriali, siano essi anche di ordine emotivo o spirituale, non può essere assoluta ed è evidente in quanto i beni materiali ed emotivi sono transitori. Per i beni spirituali il discorso è invece diverso e merita più attenzione. Distinguiamo innanzitutto la felicità dal godimento perché sono due cose diverse. Il sesso e le emozioni che ne derivano evidentemente giacciono nella sfera del godimento e non possono portare alla felicità stabile e duratura in quanto il godimento dei sensi anch’esso transitorio. Non porta alla felicità dall’altro lato nemmeno la religione e vale la pena analizzarne le motivazioni.(ricordando che è Kapila che scriveva queste affermazioni e si riferiva ai riti religiosi dell’epoca Vedica)

  1. Esistendo sempre nel cammino spirituale una mèta più alta da raggiungere, un grado di perfettibilità coscienziale maggiore, il senso di incompletezza e di imperfezione che ne deriverebbe sarebbe sempre presente.
  2. Si aggiunge a questo il ragionamento che il Sankhya fa sulle pratiche religiose dell’epoca che comportavano anche sacrifici di animali, pratica secondo il Sankhya da considerarsi impura.
  3. Inoltre la religione attraverso merito e demerito e cicli di rinascite in forme di esistenza differenti includerebbe la precarietà stessa di qualsivoglia stato di incarnazione e di perfezione raggiunto essendo sempre possibile infatti perdere tale forma, per quanto vicina a quella degli Dei, a seconda delle azioni commesse retrocedendo nelle varie categorie di rinascite.
  4. La religione inoltre come via per la felicità viene vista dal Sankhya come ingiusta per l’ineguaglianza della distribuzione dei frutti derivanti dai sacrifici osservati.

Se nemmeno la religione quindi aiuta nella liberazione dal dolore esistenziale come possiamo liberarci? Come realizzare la Conoscenza sconfiggendo l’Ignoranza? Come raggiungere la piena conoscenza del Sè?

La Conoscenza distintiva

La Conoscenza di cui parla il sistema Sankhya è distintiva, perché essa ci indica come distinguere il Sè ed i 24 principi a cui si può ricondurre la realtà empirica (spiegati meglio in seguito). Questa conoscenza non è Sruti (rivelazione divina) ma bensì frutto della ragione umana che tramite percezione, ragionamento e testimonianza si sottrae dal giogo della tradizione religiosa quale unica detentrice del cammino di liberazione. Il Garbe (1898) da questo passaggio ne inferisce che, se quanto detto basta per considerare la filosofia Sankhya in antitesi con i Veda, allora è presumibile che i contenuti esposti nel Darsana abbiano origini non Vediche. Questa deduzione, sebbene ripresa da alcuni commentatori e negata da altri, sarebbe perlomeno interessante perché concorderebbe con le origini non Vediche, e quindi non Ariane, dello Yoga e derivanti invece da antiche culture tantriche che si rifanno invece agli antichi Dravidi.

I metodi dell’essere umano per conoscere

Il Sankhya ha i merito di analizzare in modo dettagliato quindi come l’essere umano si approccia alla conoscenza, quali siano i suoi metodi per conoscere qualcosa. La percezione di un evento, per quale che esso sia, sebbene strumento diretto non si sottrae al dilemma dell’errore. Le cause che possono impedire o turbare la percezione sono quindi:

  • L’allontanamento (un uccello che si allontana diventa infine impercepibile)
  • La troppa vicinanza (il collirio sull’occhio non è percepito dalla vista stessa)
  • I difetti degli organi (es: il suono per i sordi)
  • L’inattenzione
  • L’estrema finezza (le particelle di vapore)
  • La frapposizione di un altro oggetto (non vedi dietro un muro)
  • La predominanza di un’impressione sull’altra (di giorno non vedi le stelle)
  • La mescolanza con oggetti simili (un granello di sabbia di perde in una spiaggia)

Il ragionamento o inferenza invece può avvenire in tre modi diversi (e riprende nel Sankhya quanto già affermato dal Nyaya)

  • Dall’effetto alla causa: Dalla presenza del fumo possiamo supporre che esiste il fuoco
  • Dalla causa all’effetto: dal sorgere delle nuvole possiamo inferire l’avvicinarsi della pioggia
  • Dall’analogo all’analogo: vedendo un albero in fiore si inferisce che anche altri alberi della stessa specie siano fioriti

La testimonianza o il legittimo insegnamento è da considerarsi un mezzo per arrivare alla conoscenza se derivante da una fonte autorevole (e comprende la rivelazione Vedica e quel complesso di tradizioni che sui Veda si fondano, e cioè le sentenze della Tradizione, le leggende, i puranas. I Bhuddisti e i Jainisti sono esclusi dalle fonti autorevoli perché non avevano una buona reputazione – Kaumudi 36). La testimonianza è comunque la meno importante nel razionalista Sankhya dei tre mezzi conoscitivi.

Cosmogonia

Dalla sistematizzazione dei metodi per pervenire alla conoscenza il Sankhya cerca poi di rispondere alla seguente domanda: “Il mondo materiale esiste indipendentemente dal nostro intelletto o non è che una rappresentazione illusoria dell’io?” Per rispondere a questa domanda occorre fare qualche passo indietro e cominciare osservando la realtà. L’effetto coincide con la sua causa? Il vaso di argilla è sempre argilla che si manifesta in modo diverso. Prima esisteva l’argilla, poi il vaso e infine la terra al quale il vaso ritorna. Le manifestazioni passato, presente e futuro sono diverse rappresentazioni della stessa cosa. Se ogni manifestazione è in realtà la stessa sostanza che muta forma, ciò che è al di sopra degli esseri particolari non è la forma ma la sostanza stessa, il substrato indistinto nel quale sono contenute in uno stato di omogeneità. Tutte queste «sostanze» presuppongono ancora qualcosa da cui esse derivano e via dicendo a risalire fino al principio ultimo delle cose. «…perché la produzione del vaso non è che l’isolarsi distinto dall’argilla indistinta…allo stesso modo la terra…presuppone come sua causa qualcosa di indistinto, che sono appunto gli elementi sottili, e questi a loro volta come distinti presuppongono un indistinto immediatamente superiore, che è la Personalità; e così via…» Possiamo così riassumere questa parte del Sankhya:

  • L’energia o la forza di tutto ciò che è distinto è sempre contenuta da ciò che indistinto differisce dalla cosa stessa. «La forza di una catena era già contenuta nel ferro che l’ha formata»
  • Tutto ciò che è spazialmente limitato procede sempre da una causa che è relativamente ad esso meno distinta e meno limitata. Quindi: la causa suprema è sommamente indistinta e ad un tempo illimitata.
  • Le cose hanno una natura in comune. In tutte le sostanze, in tutte le categorie, è possibile osservare delle caratteristiche in comune.

Prakriti, la causa suprema

Da questo si può concludere che esiste una causa suprema (Prakriti) e che questa deve avere le seguenti qualità:

  • Preesiste alla creazione
  • E’ l’indistinto supremo, l’indeterminatezza dalla quale si producono tutte le altre cose
  • E’ la causa materiale, il substrato di tutte le cose, la sostanza e la forza.
  • E’ universale ed eterna, illimitata.
  • La sua esistenza è indipendente da tutto il resto
  • E’ formata dai 3 guna in perfetto equilibro tra loro (non c’è punto dello spazio in cui non si trovino riuniti). Prakriti non è composta da tre qualità distinte ma da tre essenze omnipresenti «come il gange riunisce in se le tre correnti che scendono dal capo di rudra»

(3 guna = piacere – sattva, dolore – Rajas, indifferenza – Tamas). Prakriti allora non deve essere considerata come alcunché di esterno e di materiale, ma come l’indistinto psicologico primitivo e supremo nel cui seno giace allo stato latente la totalità della nostra esistenza soggettiva empirica, come quel principio misterioso ed oscuro che esiste da tutta l’eternità accanto all’anima, come essa increato ed onnipresente, ma a differenza di essa attivo e non spirituale ossia incapace di elevarsi per sé alla vita cosciente, e che per effetto dell’ignoranza diventa, alla luce dell’anima, l’essere individuale empirico.

I tre Guna della filosofia Sankhya

  • Il Sattva è luminoso e lieve, esso è il substrato di tutto ciò che è buono, bello, lieto, perfetto; alleggerisce ed illumina le cose ed è causa del loro perfetto funzionamento; nei sensi e nella mente è ciò che rende possibile la conoscenza.
  • Il rajas (dolore, passione) è l’elemento attivo, eccitante; esso è il substrato di tutto ciò che è azione, mobilità, dolore; sta come un medio fra il sattva ed il tamas ed eccita gli altri due costituenti, per sé inerti, all’azione.
  • Il tamas infine è l’elemento più grossolano ed ottuso; esso è il substrato di tutto ciò che è immobile, tenebroso, sonnolento, torpido, abbietto; ottenebra le menti, ritarda il moto; induce dappertutto insensibilità ed inerzia.

E’ importante, parlando dei guna, ricordare alcuni concetti:

  • I tre costituenti hanno la proprietà di dominarsi mutuamente.
  • Possono completarsi mutuamente
  • Possono sostituirsi l’uno all’altro
  • Permangono sempre fra loro inseparabilmente connessi
  • Dalla rottura dell’equilibrio perfetto che hanno in Prakriti prende luogo la creazione

Le 24 categorie del Sankhya

sankhya Procedendo quindi a ritroso dalla realtà fenomenica alle sostanze di cui è composta e categorizzando le suddette sostanze facendole risalire a ciò che hanno in comune, e procedendo così per molti cicli, si arriva a descrivere, ricondurre e sintetizzare la realtà a 24 principali categorie. Dalla causa prima, Prakriti ha origine l’intelligenza o Bhuddi, ossia la capacità di formulare un pensiero perché solo in virtù del pensiero può un essere pensare sè stesso e quindi sentirsi esistere come entità separata dagli altri, come personalità e quindi Ego (Ahamkara). E’ quindi tramite Manas, la mente, che l’individuo così in via di formazione decifra e riorganizza gli stimoli sensoriali che gli pervengono dall’esterno, arrivanti come Tanmatra, ossia a livello universale in qualità di suono, tocco, forma, gusto e olfatto. La percezione dei tanmatra avviene attraverso gli organi di conoscenza (Jnanendriya) e gli organi di azione (Karmendriya), ossia attraverso orecchie, pelle, occhi, lingua e naso per i primi cinque e attraverso la bocca, le braccia e le gambe, l’apparato escretore e riproduttore per i secondi cinque. Tutto ciò che gli perviene è opera-composto dei 5 Bhuta, o elementi grossolani, ossia terra, acqua, fuoco, aria e spazio. Essendo così composto il sistema la risposta alla domanda precedente è quindi la seguente: l’Io crea i sensi ed i loro oggetti come colui che desidera un godimento crea gli strumenti con i quali produrlo. Tuttavia nel sistema sopra esposto manca ancora l’elemento cardine che risolve il dolore dell’esistenza. Se infatti l’essere umano è riconducibile interamente a Prakriti allora non vi sarebbe liberazione in eterno poiché mancherebbe quell’assoluto a cui sentiamo di appartenere nel nostro profondo che trascende la personalità e l’intelligenza stessa o la materia iniziale della quale queste sono composte.

Purusa

Chi è il Purusa? Il Purusa è lo Spirito, ciò che anima la materia, che la rende viva e che unendosi ad essa può fare un percorso fino a realizzare Sè stesso. Nel momento in cui il Purusa realizza chi è, ecco allora che si distacca nuovamente dalla materia. La definizione del Purusa avviene sovente per via negativa: si afferma ciò che il Purusa non è finché non rimane un qualcosa d’indefinibile e d’inconcepibile. E’ costituito per forza di cose da una qualità diversa di Prakriti e pertanto non è composto dai 3 guna, quindi esso è al di là di piacere, dolore e indifferenza. A maggior ragione non appartengono al Purusa le percezioni, i desideri, i fatti della vita interiore. La sua essenza non è materica per quanto sottile sia la sua forma, ma spiritualità pura, coscienza pura. Il conoscere non è in alcun modo una proprietà di Purusa né una sua qualità: il Purusa è il conoscere stesso ed è eterno, omnipresente e imperturbato. Ecco altre qualità del Purusa:

  • Lo spirito puro non agisce!
  • Esiste una pluralità delle «anime» (dei Purusa). Se non fossero tante che senso ha la Liberazione? Inoltre un gran numero di «anime» si sono liberate e sono tornate a darcene testimonianza.
  • Lo spirito è imperturbato. (altrimenti anche dopo la liberazione potrebbe essere nuovamente oppresso dal dolore)
  • E’ immutabile: perché se fosse mutabile la sua spiritualità andrebbe incontro a cambiamenti, offuscamenti, oscuramenti
  • E’ eterno in quanto se non ha principio non ha nemmeno una fine
  • E’ illimitato, perché se fosse spazialmente limitato consterebbe di parti e sarebbe quindi perituro
  • E’ eternamente libero: in quanto è straniero al dolore, alla gioia e a tutte le afflizioni.
  • E’ solitario (ogni cosa nella sua esistenza è come se non esistesse) e inattivo. Non vi è per lui né ragione né possibilità di agire.
  • E’ evidente che esso non è il SOGGETTO della schiavitù del dolore

«…nessuna cosa lo tocca, l’affetta realmente; esso è come una foglia di loto che non si bagna anche se è immersa nell’acqua…»

Allegoria del cieco e dello storpio

cieco e storpioSecondo un’altra allegoria classica che evidentemente ha molto viaggiato, perché era pervenuta già in epoca medievale fino alle nostre contrade, uno storpio e un cieco erano in viaggio insieme quando, in una foresta, la carovana fu assalita violentemente dai briganti. Abbandonati dai compagni di viaggio, essi presero a vagare a caso da un luogo all’altro. E così, vagando ciascuno per proprio conto, finirono con l’incontrarsi. Poiché nutrivano fiducia l’uno nell’altro, stabilirono di unirsi, acciocché, così riuniti, potessero camminare e vedere. Il cieco sollevò lo zoppo sulle spalle e, secondo la strada che questi gli andava indicando, egli procedeva. Ora lo spirito (purusha), al pari dello storpio, destituito della potenza di azione, ha bensì la potenza della vista, mentre la natura (prakriti), al contrario, essendo in grado di agire, ma non potendo vedere, rassomiglia al cieco. Accade poi che, a quel modo che si verifica la separazione di questi due uomini allorché essi abbiano raggiunto il luogo desiderato, conseguendo così il proprio scopo, lo stesso interviene per la natura, la quale, indotta la liberazione nello spirito, cessa dall’agire. Lo spirito, a sua volta, consegue lo stato di isolamento: vale a dire che, compiuto il loro scopo, entrambi si separano. Come dal congiungersi dell’uomo e della donna nasce un figlio, così, dall’unione di natura e spirito nasce il creato. Così, secondo Kapila e la filosofia Sankhya, la creazione ha origine dalla congiunzione (samyoga) di purusha e prakriti e dalla successiva evoluzione innescata da tale unione, per cui la natura immanifesta (mulaprakriti) divorzia dal suo stato originario di omeostasi per evolversi in una serie di stati o principi (tattva), il primo dei quali è l’indifferenziata consapevolezza, buddhi che a sua volta genera il senso dell’ego (ahamkara, io faccio), che a sua volta dà origine a tutto il mondo manifesto. I tattva (tat significa “quello”) sono i 25 (24 di prakriti + purusa = 25)  principi costituenti il tutto, ma che si riassumono in questi tre: lo spirito, l’immanifesto e il manifesto.

Allegoria della danzatrice e dello spettatore

sankhya danzatrice

Un’altra metafora usata nel Sankhya è quella della ballerina e dello spettatore. La Prakṛti è la danzatrice. Il Puruṣa lo spettatore. Lo spettatore osserva la ballerina, si lascia sedurre dalla sua danza, si fa coinvolgere sempre di più, dimenticando così di essere solo spettatore. Arriva a credere di essere lui stesso a danzare (a pensare, sentire, agire), si identifica erroneamente con una forma di esistenza particolare (fatta di corpo sottile – composto da buddhi, ahaṃkāra, manas, 5 facoltà di percezione, 5 facoltà di azione, 5 tanmātra – e corpo materiale). Quando avviene la liberazione, la Prakṛti smette di danzare, si ritira, e il Puruṣa può tornare al suo eterno isolamento.

L’individuo e il corpo sottile

sankhya linga sarira Secondo il Sankhya l’individuo è formato da:

  • Il corpo materiale (costituito dagli elementi grossolani)
  • Il corpo sottile
  • Il Purusa

Il corpo sottile (o Lińga Śarīra) è un veicolo impalpabile, invisibile e sottilissimo e avviluppa il Purusa. E’ composto dagli elementi più sottili della Natura (o Prakriti), dall’intelletto (Bhuddi), dalla personalità (Ahamkara), dal Manas (mente) e dai dieci organi e dai cinque elementi sottili. Esso è intimamente connesso con il Purusa che accompagna in tutte le sue migrazioni di corpo in corpo. Attraversa i mondi delle esistenze invariato nella sua essenza. Il merito e il demerito delle azioni connesse si imprimono in lui e ne predeterminano fatalmente il futuro cammino. E’ secondo alcuni il «vero» corpo in quanto è esso la sede delle sensazioni. E’ il ricettacolo della gioia e del dolore che in esso solo realmente esistono ma che l’Anima (purusa) solo sente. E’ il Linga Sarira la sede della personalità empirica e per questo è’ il principio attivo di tutta la nostra esistenza. Infatti Manas elabora le impressioni degli organi, Ahamkara dà loro l’impronta della personalità e Bhuddi concepisce ciò che gli è trasmesso per presentarlo al Purusa e diventare un fatto cosciente.

Rapporto Purusa – Antahkarana

Nella letteratura Vedantica l’Antahkarana, o organo interno è composto da 4 parti:

  • Bhuddi, ciò che formula il pensiero, che prende decisioni
  • Ahamkara, senso dell’Io
  • Manas, parte razionale che collega con il mondo esterno attraverso i vari organi (generalmente connessa ai 5 Jnanendriya, 5 Karmendriya e 5 Tanmatra.
  • Citta, bagaglio di memorie, esperienze, impressioni passate

Il rapporto tra Purusa e Antahkarana viene così descritto «come nel caso del fiore Hibiscus e del cristallo non vi è una reale colorazione da parte del cristallo del colore rosso del fiore, così nel caso dell’Anima (Purusa) e dell’organo interno non vi è un vero influsso ma un’illusione» In altre parole: Il Purusa riceve le impressioni come uno schermo riceve le immagini del film che vi viene sopra proiettato. Qualcun altro descrive l’anima come uno specchio «in cui cadono le immagini delle cose: esse si riflettono in lei come gli alberi della riva in uno stagno.»

Samsara e Karma

Per il Sankhya, attraverso il Samsara, o il ciclo delle reincarnazioni, il Purusa+organo interno impara che il dolore è essenziale all’esistenza e che per sopprimere il dolore è necessario sopprimere la coscienza, separando il proprio Sé (Purusa) dalla Natura (Prakriti) cui il dolore appartiene. Per questo è fondamentale che il Purusa contempli la Natura in ogni sua parte, che fruisca di tutte le forme della Prakriti abbracciando in tutta la sua pienezza la profonda miseria dell’esistenza…in modo che prenda in orrore l’esistenza e se ne separi. Nel fare questo ogni azione da lui compiuta, ogni atto umano, lascia dietro di sé una traccia, un residuo, una disposizione, un’impressione materiale la quale in fondo altro non è che una lievissima, inapprezzabile modificazione nelle proporzioni dei tre guna costituenti l’intelletto Ciò crea il destino dei singoli individui determinando il ciclo delle rinascite in quanto influisce anche sulle nuove azioni e disposizioni. Le disposizioni generate dal Karma (azioni) compiute in una vita sono riassumibili in 8 categorie:

  • Conoscenza e ignoranza (conoscenza della distinzione tra Prakriti e Purusa)
  • Impassibilità e passione (impassibilità = negazione del desiderio: osservando si vede l’impermanenza degli oggetti dell’attaccamento e naturalmente si smette di dargli importanza)
  • Virtù e vizio (Virtù = opere Pie, sacrifici, eleva l’individuo alla beatitudine celeste; vizio il suo opposto)
  • Potenza e impotenza (Potenza è la modificazione dell’intelletto che è causata dalla contemplazione estatica – grazie a questo si perviene all’acquisto delle otto facoltà soprannaturali, ossia dell’onnipotenza della propria volontà)

I cicli delle rinascite

A seconda del Karma generato durante la vita è possibile incarnarsi nuovamente in un essere umano oppure in mondi superiori o inferiori. Abbiamo 8 mondi superiori in cui prevale il Sattva, di cui

  • 7 mondi divini
  • 1 mondo dei demoni

Poi abbiamo il mondo degli umani in cui prevale Rajas. Infine 5 mondi inferiori in cui prevale Tamas, ossia

  • animali domestici
  • animali selvaggi
  • uccelli
  • rettili
  • piante

Ed è interessante notare che secondo la Sankhya Karika quindi anche le piante hanno al loro interno un linga (Purusa + organo interno).

Effetti delle disposizioni

Gli effetti delle disposizioni per il Sankhya sono riassumibili in altre 4 categorie.

  1. Errore
  2. Impotenza
  3. Quiete
  4. Perfezione

L’errore si suddivide a sua volta in:

  • Oscurità: identificare il Purusa con Prakriti
  • Illusione: egoismo diretto all’acquisto delle 8 facoltà sovrannaturali e credere che esse siano eterne, inerenti quindi al Sè
  • Grande Illusione: amore smodato per gli oggetti dei sensi (sensi terreni o celesti)
  • Tenebre: comprende le condizioni mentali d’agitazione, impazienza, odio che derivano dalla affannosa ricerca dei piaceri dei sensi
  • Fitte tenebre: folle timore di perdere il godimento dei dieci piaceri dei sensi

L’impotenza si suddivide a sua volta in 28 sottospecie e sono tutte imperfezioni degli undici organi (Manas + Jnanendryia e Karmaendryia, oppure delle affezioni dell’intelletto) La Quiete comprende l’attività di coloro che non hanno ancora potuto elevarsi alla perfezione e si sono arrestati in una specie di indifferenza apatica. L’impassibilità  non porta alla liberazione. Avviene però perché ci si rende conto del dolore:

  1. Inerente all’acquisizione degli oggetti desiderati
  2. Risultante dalla affannosa conservazione dei beni acquistati
  3. Risultante dal carattere impermanente dei beni ottenuti
  4. Prodotto dall’insaziabilità dei desideri, che aumentano di numero, anziché diminuire, ogni volta che vengono soddisfatti
  5. Non è possibile alcun nostro godimento senza che ne risulti del dolore per altri esseri viventi

Quiete che è conseguenza anche di stati mentali non appropriati:

  • Smettere di meditare e rimanere nell’ozio perché si crede che basti aspettare che sia Prakriti ad effettuare la distinzione (dal Purusa).
  • Smettere la ricerca filosofica perché si pensa che bastano le pratiche ascetiche e quindi affidarsi solo alla pratiche ascetiche.
  • Smettere la ricerca filosofica perché si pensa che sia il tempo a governare tutto, che nel tempo arriverà anche la liberazione e quindi affidarsi al tempo.
  • Smettere la ricerca filosofica perché si pensa che la liberazione avviene per qualche atto fortuito, serie di coincidenze casuali ed affidarsi quindi alla fortuna.

La perfezione comprende l’attività di colori i quali sono prossimi alla liberazione / o arrivati già alla liberazione. A seconda del commentatore della Karika si suppongono significati diversi: Secondo Gaudapada sono le azioni di chi giunge alla liberazione:

  • solo meditando
  • ascoltando la dottrina
  • Studiandola sui libri sacri
  • vivendo la natura del dolore e realizzandola
  • Confrontandosi con amici
  • Per grazia ricevuta da un santo personaggio

Secondo KAUMUDI la perfezione si raggruppa in due specie:

  • specie proprie a coloro che hanno allontanato il dolore e quindi si sono liberati
  • specie proprie a coloro che, pur essendo pervenuti alla conoscenza, non hanno ancora trasformato la conoscenza da esteriore (e quindi inefficace) a interiore (immediata distinzione).

Esse sono:

  1. Studio (raccogliere dal Maestro la dottrina)
  2. Insegnamento (è la conoscenza del senso delle parole, effetto prodotto dallo studio)
  3. Meditazione (prova del contenuto dello studio della dottrina secondo un metodo logico)
  4. Conversazione con amici (è la conferma, parlando della dottrina con Maestri e discepoli, che quanto capito è corretto)
  5. Purificazione dell’intelletto (rimuovere dal nostro intelletto ogni traccia di errore o di dubbio)

E queste cinque conducono alle prime tre.

La liberazione

La prima domanda che il Sankhya si pone quando si parla di liberazione è: chi si libera? Il Purusa in sé non è soggetto al dolore. Per il Purusa non c’è mai stata né schiavitù né liberazione quindi non è lui a liberarsi. Ciò che soffre è l’organo interno (Bhuddi + Ahamkara + Manas).

E’ quindi la Prakriti che è in rapporto con il Purusa che in realtà è schiava ed è liberata. Infatti il Purusa è onnipresente. Come potrebbe migrare di corpo in corpo o di vita in vita?

«Come lo spazio che è incluso in un vaso (secondo l’opinione comune si muove) quando il vaso è trasportato da un luogo all’altro, laddove (in realtà solo) il vaso è portato e non lo spazio, così è dell’Anima (Purusa) che è paragonabile allo spazio infinito.» (Brahmab. Up. 13 in S. pr. Bh. 361)

Quindi la liberazione è solo illusione?

«Essa non è che il dileguarsi dell’impedimento. Il dileguarsi d’un’oscura nube che ci tolga i raggi del sole nulla aggiunge allo splendore del medesimo che rimane, prima come dopo, inalterato. Ma nondimeno esso è, anche relativamente al sole, un fatto reale; il quale per noi che siamo sulla terra importa il reale ritorno della luce e del calore solare.»

Per l’individuo empirico non è perciò un fatto meno reale poiché in virtù del quale cessa la dolorosa serie delle esistenze empiriche e comincia la sola esistenza vera, supremamente reale: l’esistenza assoluta.

Occorre che vi sia distinzione tra cosa è Anima (Purusa) e cosa è Natura (Prakriti). La liberazione può essere quindi definita come la cessazione della nostra personalità empirica in quanto sussiste in ognuno l’illusione che questa sia la nostra anima (Purusa) e da qui la fonte del dolore.

Come sopprimere questa illusione? Con la conoscenza distintiva.

Come per chi scambia un pezzo di madreperla per argento o commette altro simile errore non vi è altro mezzo di togliere tale illusione che quello dell’immediata distinzione tra i due oggetti.

«L’ininterrotta intuizione della distinzione è il mezzo che conduce alla liberazione» (Yoga Sutra II, 26)

…ossia distinguere profondamente il Sé puro, spirituale, immutabile da tutto ciò che non è lui e che per l’illusione soggettiva noi concepivamo come nostro, vale a dire dal corpo, ai sensi, dall’organo interno. Significa riconoscere profondamente la serenità imperturbata del nostro vero io e respingere da noi come cose non nostre il desiderio, la passione, il piacere, il dolore, l’attività, che appartengono alla materia sola. (S. sutra I, 87)

Principi della liberazione

Vi sono due principi:

  1. Teoria della distinzione
  2. Pratica della distinzione

La teoria non basta da sola a produrre la distinzione. L’illusione non può essere soppressa se non con la meditazione, il raccoglimento, le pratiche costanti, l’indifferenza… (S. sutra VI, 29) Per conoscenza liberatrice non si deve intendere il mero apprendimento della verità, ma bensì l’intuizione diretta di essa, che è prodotta dalla meditazione. “La meditazione è l’organo interno senza oggetti” (S. sutra VI, 25) Nello stato ordinario la mente è offuscata da desideri, avversioni, passioni relative alle cose esterne e come uno specchio arrugginito o come un’acqua increspata essa è incapace di ricevere in sé l’immagine pura dello Spirito sempre presente. La soppressione delle modificazioni dell’organo interno si ottiene:

  • col rinunciare assolutamente a tutte le cose del mondo, ossia con l’impassibilità e l’indifferenza assoluta di fronte agli oggetti sensibili
  • con lo sforzo di concentrare per quanto è possibile il nostro pensiero sullo Spirito.

A questo scopo è utile fissare la propria mente tanto sulla caducità e sulle altre dolorose imperfezioni degli oggetti sensibili, quanto sulla insaziabilità del nostri desideri. “Il desiderio infatti non si sazia col suo soddisfacimento ma anzi aumenta, come il fuoco sacro pel burro liquefatto che vi si spande” (Mahabharata) «così immersa nella più profonda contemplazione, non più legata da verun attaccamento al mondo sensibile, l’anima del saggio si isolerà sempre più completamente da ogni cosa per affissarsi unicamente nella luce interiore dello Spirito finché l’intelletto (Bhuddi) nella sua concentrazione profonda non veda più null’altro né dentro di sé né fuori di sé, l’oscurità si dissipi e sorga l’intuizione luminosa, immediata, diretta dello Spirito: Io non sono (cioè la personalità finita che io credevo a me appartenere non è il vero essere mio), niente è mio (io non sono connesso con nessuna cosa), questo non è il Purusa (gli oggetti e le affezioni dolorose appartengono alla Prakriti e non al Purusa).» Il sistema Sankhya, Piero Martinetti 1897, pag 121 – Sankhya Karika 64

Il saggio

Chi è pervenuto alla liberazione:

  • Non è più soggetto né al merito né al demerito
  • Né alla gioia né al dolore
  • E’ al di là del bene e dal male
  • Egli non appartiene più a nessuna casta, a nessuna setta, a nessun ordine
  • Non ha più doveri
  • Non riconosce più né codici religiosi, né formule, né opere meritorie
  • Egli è un essere a parte distinto da tutti gli esseri viventi

Pertanto si può dire che la liberazione consiste: In che cosa consiste?

  • Al ritorno alla quiete eterna dell’incoscienza
  • Nell’annientamento totale ed eterno dell’individualità empirica
  • La personalità finita e dolorosa si dissolve; la coscienza si spegne per sempre.
  • La Natura rimane immobile e cessa di riflettere in sé la luce dello Spirito, l’anima continua imperturbata la sua esistenza impersonale e rimane sola/isolata da Prakriti (per questo in Patanjali si parla di isolamento, Kaivalya)

  Qui di seguito liberamente si riporta per esteso la Karika con breve commento di G. Bertagni: 

Kapila il saggio, a cui si rimanda questo testo, era figlio di Brahma. Rivelò la scienza dei 25 principi al
Brahmano Asuri.
1
In conseguenza del triplice dolore (Duhkha) nasce il desiderio di conoscere i mezzi atti a contrastare
tale oppressione. Se si obietta che questo è inutile esistendo per questo mezzi evidenti,
risponderemmo che ciò è errato, avendo tali mezzi un valore relativo e non essendo definitivi.
Il dolore è interno (fisico e mentale), esterno (causato da altri o da eventi naturali) e divino (esseri
soprannaturali, Dei). I mezzi evidenti hanno effetto limitato e durata limitata, qui si cerca un mezzo definitivo, la conoscenza dei 25 principi.
2
I mezzi rivelati sono come quelli ordinari in quanto comportano impurità, esaurimento e squilibrio.
Superiore ai mezzi rivelati è quello che si consegue in conseguenza della conoscenza discriminativa
(Vijnana) del manifesto, dell’immanifesto e del conoscente.
Mezzi rivelati (dai Veda) sono poco efficaci e non definitivi. Anche gli dei sono soggetti al Samsara e al Karma.
Elementi del manifesto sono Buddhi, Ahamkara, i 5 Tanmatra, i 5 Bhuta, gli 11 sensi (Manas, 5 Jnanendrya, 5 Karmendrya). L’immanifesto è Prakriti, il conoscente Purusha .
3
Prakriti non è prodotta, i 7 principi (Tattva) successivi ovvero Buddhi, Ahamkara e i 5 Tanmatra, sono
prodotti e produttori; gli altri 16 sono esclusivamente prodotti. Purusha non è prodotto ne produttore.
Gli altri 16 … Manas, 5 Jnanaendriya, 5 Karmaendiya, 5 Butha
4
La percezione sensoriale, l’inferenza (deduzione) e la parola degna di fede (testimonianza attendibile)
sono i 3 mezzi di retta conoscenza, dal momento che includono tutti gli altri possibili; è in forza di tali
mezzi che si stabilisce in modo veritiero il conoscibile.
5
La percezione consiste nella determinazione dei vari oggetti per mezzo dei sensi. L’inferenza, triplice,
deve essere preceduta dal segno caratterizzante e dall’oggetto che la caratterizza. La parola degna di
fede è la rivelazione (Veda).
Inferenza:
a priori: vedendo nuvole nere che si addensano ne deduciamo (prevediamo) che presto pioverà
a posteriori: vedendo pozzanghere ne deduciamo che sia piovuto
fondata sull’osservazione generale: il moto delle nuvole ci conferma l’esistenza di un vento
… preceduta dal segno caratterizzante: vedendo un cappello su un appendino ne deduciamo che esista un uomo che lo porta
… preceduta dall’oggetto che la caratterizza: vedendo un appendino ne deduciamo che esista qualcuno che li
appende i suoi abiti o il cappello
6
Il sovrasensibile è provato attraverso l’inferenza a posteriori e a quella basata sull’osservazione
generale, ciò che sfugge e non è visibile direttamente si afferma grazie alla parola degna di fede
(Veda).
Il sovrasensibile sono la Prakriti e Purusha , non percepibili attraverso i sensi. L’esistenza della Prakriti si
deduce dall’oggetto caratterizzante che è il manifesto. Essendo il manifesto e la Prakriti insenzienti e pur
apparendo come tali (senzienti) si postula la necessità di un principio altro, Purusha.
7
Eccessiva distanza o vicinanza, limitazione sensoriale, distrazione, sottigliezza, interposizione,
soppressione e commistione con oggetti omogenei impediscono la percezione.
8
Prakriti non è percepita per la sua sottigliezza, non per la sua inesistenza. Possiamo dedurre la sua
esistenza dai suoi effetti, costituiti dalla serie dei vari principi, primo Buddhi: questi sono, rispetto alla
Prakriti, conformi e difformi.
Conformi e difformi: come i figli somigliano a volte ai genitori e altre no, così avviene per gli oggetti del
manifesto
9
Considerato che l’inesistente non può essere prodotto, che si sceglie il materiale in quanto un oggetto
non può essere prodotto da un qualsivoglia altro, che una cosa può essere realizzata solo da chi ha la
capacità di farla, che l’effetto è coesistente nella causa: in base a tutto questo affermiamo che l’effetto
preesiste nella causa.
… l’inesistente non può essere prodotto: l’effetto preesiste nella propria causa
… il materiale: per fare l’olio ci vogliono le olive
… ci vuole la capacità di farla: strumenti, materiale e abilità specifica sono necessarie a realizzare qualsiasi
oggetto
… l’effetto preesiste nella causa: la mente e gli altri oggetti sono pre-esistenti in Prakriti.
10
Il manifesto è causato, non eterno, non pervadente, attivo (mobile), molteplice, basato, dissolubile,
costituito di parti, dipendente. L’immanifesto è il contrario.
… è causato: origina da Prakriti, che contiene a priori ogni manifestazione.
… non eterno: ciò che nasce ha sempre una fine, esiste nel tempo
… non pervadente: è limitato, con include il tutto
… attivo: si trasforma
… molteplice: composto da più elementi
… basato: ha origine in altro
… dissolubile: si disgrega ad ogni istante
… costituito da parti: riprende il concetto di molteplice
… dipendente: il suo potere nasce dalla Prakriti
L’immanifesto è il contrario: non essendovi nulla prima di Prakriti, essa è non causata, eterna, pervadente,
passiva, non basata, indissolubile, indipendente.
11
Il manifesto è sotto l’influsso (caratterizzato) dei 3 elementi costitutivi (Guna), è indiscriminato
(indistinto), oggettivo, generale, non senziente, produttivo. Tale è anche Prakriti. Purusha è da un lato il
contrario, dall’altro conforme.
… 3 elementi: Tamas, Rajas e Sattva
… oggettivo: distinto dal soggetto fruitore (Purusha)
… generale: comuni a tutte le individualità
… non senziente: non avverte gioia, dolore, offuscamento
… il contrario: è fuori dall’azione dei 3 Guna; inoltre è senziente, soggettivo, discriminate, percettivo,
consapevole, improduttivo
… conforme: come Prakriti anche Purusha è ingenerato, preesistente
12
I 3 guna contengono in essenza il piacere (Sattva), il dolore (Rajas) e l’offuscamento (anche torpore,
Tamas) e la capacità intrinseca, il potere, di illuminare (Sattva), attivare (Rajas) e limitare (Tamas).
L’uno con l’altro si sostengono, si combattono, si producono, si accoppiano, esistono uno in funzione
dell’altro.
13
Sattva è illuminante e leggero, Rajas mobile e stimolante, Tamas ostruttivo e greve (pesante e
coprente). Il loro combinarsi è ordinato a un fine, come avviene per la lampada.
… per la lampada: olio, stoppino e fuoco sono assai diversi ma ordinati a un fine producono luce; ci sta dicendo
che la dinamica dei Guna è funzionale e funziona
14
L’incapacità discriminativa e le altre proprietà del manifesto sono provate dall’esistenza dei tre elementi
costitutivi. L’immanifesto è provato per essere l’effetto coessenziale alla causa e per l’inesistenza di
quanto risulti contrario.
… è provato per …: il legame che lega il manifesto all’immanifesto è lo stesso che lega la stoffa ai fili; inoltre
una stoffa nera viene da fili neri etc.
15
L’immanifesto come causa esiste a motivo della finitezza dei vari oggetti distinti, a causa della
consequenzialità, dell’attività basata sulla capacità intrinseca, della separazione tra causa ed effetto,
della non distinzione dell’omniforme.
… finitezza … : se il manifesto fosse la causa prima sarebbe senza misura
… della consequenzialità: l’effetto manifesto ha come causa l’immanifesto
… basata sulla capacità …: ognuno tende a fare ciò in cui riesce meglio
… della separazione …: l’immanifesto è causa, il manifesto effetto, i due sono separati; l’argilla con cui è fatto il
vaso è differente dall’acqua che contiene
… il mondo si riassorbe nella Prakriti alla fine di ogni era cosmica, in senso contrario a quello di manifestazione
16
L’immanifesto come causa esiste, esso si svolge per effetto dei 3 elementi costitutivi, sia per
combinazione che per un evolversi che è dovuto alle differenze inerenti a ciascuno degli elementi
costitutivi, al modo dell’acqua.
Al modo dell’acqua: l’acqua che cade dal cielo ha un unico sapore che cambia entrando essa in contatto con
altri oggetti
17
Dal fatto che un oggetto composto esiste in funzione di un altro, che deve esserci il contrario dei tre
elementi costitutivi etc., che deve esistere un ente che presieda, che deve darsi un soggetto fruitore e
che si constata l’attività tendente all’isolamento, da tutto questo deduciamo l’esistenza del Purusha.
L’esistenza del Purusha si inferisce dal fatto che un oggetto composto esiste in funzione di un altro e quindi la
mente e gli altri oggetti, di per sé insenzienti, esistono in funzione del Purusha, che è il fruitore. Inoltre deve
esistere il contrario dei tre Guna.
18
La pluralità dei Purusha è dimostrata in questo modo: nascita, morte e organi sono fissati
separatamente per ogni individuo, l’attività non è simultanea; esistono inoltre le diversità indotte dai
guna.
19
Dal contrasto si inferisce che Purusha è testimone, isolato, indifferente, percipiente e non agente.
… contrasto: differenza tra la natura di Purusha e quella di Prakriti
… testimone: non gli compete l’azione ma la testimonianza, l’esperienza;
… isolato, cioè differente dai Guna;
… indifferente o meglio imperturbabile: non soggetto a cambiamenti ne combinazioni;
… percipiente e non agente: è conseguenza di quanto detto sinora.
20
Il dissolubile, di per sé insenziente, diviene come senziente in virtù dell’unione con Purusha; Purusha,
pur essendo imperturbabile, si fa come attivo rispetto agli elementi costitutivi.
21
La connessione di Purusha con Prakriti si realizza per mutuo beneficio, vale a dire affinchè Purusha,
contemplando Prakriti, giunga all’isolamento. Il congiungersi di entrambe è paragonabile a quello di uno
zoppo con un cieco; da tale unione deriva il processo creativo.
Purusha è coscienza, Prakriti potenza e esistenza.
22
Da Prakriti discende Buddhi o Mahat, da questa Ahamkara; da questo il gruppo dei 16, da 5 del gruppo
dei 16 originano gli elementi grossolani (Butha).
… gruppo dei 16: Manas, 5 Jnanendriya, 5 Karmendriya, 5 Tanmatra da cui i Butha.
23
Buddhi è determinazione (potere di discriminazione); la sua funzione consiste nell’accertare la realtà ed
essa è costituita da virtù, conoscenza, distacco e potere ove prevalga il Sattva, è costituita dal contrario
in caso prevalga Tamas.
24
Ahamkara consiste nella autoaffermazione. Da quello si dipartono due creazioni: 11 sensi e 5 tanmatra
25
Dalla parte sattvica di Ahamkara (Vaikrita A.) discendono gli undici sensi, da quella tamasica (Bhutadi
A.) i 5 Tanmatra. Entrambi fanno capo alla parte Rajasica di Ahamkara (Taijasa A.).
26
I sensi mentali sono gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua e la pelle. La voce, le mani, i piedi, l’ano e i
genitali sono i sensi d’azione.
27
Il senso interno (Manas) possiede la natura di entrambi: è l’organizzatore. Ha la capacità di riflettere ed
è poi da considerarsi alla stregua di un senso in forza dell’affinità. Infine tanto la varietà dei sensi
quanto le varietà degli oggetti esterni dipendono da particolari modificazioni dei Guna.
… in forza dell’affinità: derivando tutti dall’aspetto sattvico dall’Ahamkara.
28
Le funzioni dei 5 sensi mentali sono le differenti percezioni, quelle dei sensi d’azione sono il parlare, il
prendere, il camminare, l’evacuare e il godere.
29
La funzione dei 3 consiste nelle loro caratteristiche e non è comune. La funzione comune è
rappresentata dai 5 Vayu, cioè Prana Vayu e gli altri.
… dei 3: i Tattva interni, Buddhi, Ahamkara e Manas
… funzione comune: soffio ascendente (Prana Vayu), soffio discendente (Apana Vayu), soffio equilibrante
(Samana Vayu), soffio verticale (Vyāna Vayu), soffio pervadente (Udāna Vayu)
30
La funzione dei 4 nei riguardi del percepibile è sia istantanea che graduale. La funzione dei 3 nei
riguardi di ciò che non è oggetto di percezione diretta deve essere preceduta da quella.
… dei 4: Buddhi, Ahamkara e Manas + un altro senso
31
Essi compiono ciascuno la propria funzione, la quale è causata da un impulso che essi esercitano l’uno
sull’altro. Unica causa dell’azione è il fine del Purusha. Da nessuno un senso può essere mosso ad
agire.
… Essi: Buddhi, Ahamkara, Manas
… può essere mosso ad agire: tutto è finalizzato alla coscienza.
32
I sensi sono 13; loro funzione sono il prendere etc. I loro oggetti, rappresentati da ciò che è da prendere
etc., sono 10.
33
I sensi (organi) interni sono 3 (di 3 generi), quelli esterni 10 e costituiscono gli oggetti dei primi 3.
I sensi esterni esercitano le loro funzioni nel presente, mentre gli interni in tutti e 3 i tempi.
34
Di questi sensi esterni i 5 mentali (Jnanaendriya) possono applicarsi a oggetti specifici (grossolani) e
non specifici (sottili, prerogativa di Dei e Yogi). Riguardo agli organi di azione (Karmaendiya) la voce ha
solo il suono come oggetto (discutibile), gli altri hanno invece 5 oggetti (i 5 Butha).
… 5 oggetti: etere, aria, fuoco, acqua, terra
35
Avendo Buddhi, Ahamkara e Manas la facoltà di relazionarsi con tutti gli oggetti (in ogni tempo), i 3
sensi interni sono come i guardiani delle porte, gli altri le porte.
… I guardiani …: hanno la facoltà di controllare il flusso delle informazioni
… Le porte …: sono le vie di accesso al mondo esterno
36
Questi sensi, che sono differenti modificazioni dei Guna e diversi l’uno dall’altro agiscono al modo di
una lampada (che rende visibile). Essi presentano i rispettivi oggetti a Buddhi affinché divengano
percepibili per Purusha.
… diversi l’uno dall’altro: hanno oggetti differenti.
37
Dal momento che Buddhi tutto ciò che procura lo procura perché Purusha ne possa fruire è dunque
essa, Buddhi, che distingue la sottile differenza tra Prakriti e Purusha.
… tutto: quello che cade sotto il dominio dei sensi nei tre tempi
… la sottile differenza …: ciò che è peculiare all’uno o all’altra
38
Gli elementi sottili (Tanmatra) sono non specifici (Avisesa); da questi sono prodotti i 5 grossolani
(Butha) che sono chiamati specifici (Visesa) e sono calmi, violenti, offuscatori (piacevoli, penosi e
indifferenti).
… calmi, violenti, offuscatori: a seconda della prevalenza di un Guna e dalla relazione con il percipiente.
39
I sottili, quelli nati da padre e madre insieme con gli elementi grossolani rappresentano i 3 generi di
oggetti specifici: di essi i sottili sono fissi mentre quelli nati da padre e madre sono defettibili.
… I sottili: gli elementi sottili costituiscono Buddhi, Ahamkara e Manas; secondo altra interpretazione qui si
devono intendere solo Manas e i 10 Indriya, che rientrano nella categoria della specificità (Vishesa)
… nati …: ovulo e spermatozoo (elementi grossi) attorno a cui si consolida il corpo sottile
… elementi grossolani: il nutrimento che serve per crescere il corpo fisico
… sono fissi: ci dice che Buddhi, Ahamkara e Manas hanno continuità dopo la morte, il corpo fisico decade
40
Il corpo sottile, formatosi in principio, distaccato, fisso, composto da Buddhi, Ahamkare, Manas ed
elementi sottili, incapace di fruizioni, trasmigra. Esso è impregnato dei modi di essere (Bhava o
disposizioni mentali, causa del Samsara).
… formatosi in principio: all’origine della creazione
… incapace di fruizioni: fruisce degli oggetti attraverso la mediazione del corpo grossolano
41
Come una pittura non può esistere senza una tela e un’ombra senza un palo, così il corpo grossolano
(che è perituro) non può esistere senza un supporto non dissolubile (corpo sottile).
… vale nei due sensi … le due dimensioni si giustificano e sostengono a vicenda
42
In vista del fine del Purusha il corpo sottile, in funzione della sua connessione con gli strumenti e i loro
effetti e in unione con il potere della Prakriti, agisce al modo di un attore.
Si sottolinea come l’esperienza, che dall’esteriore porta all’interiore, ha come fine la comprensione del Purusha e
la liberazione.
… gli strumenti …: sono le virtù
… al modo di un attore: il corpo sottile che si connette con un embrione ne esce essere umano, divinità o animale
senza per questo perdere la sua Prakriti originaria
43
I modi di essere (Bhava), che sono la virtù e tutto gli altri, sono innati, Prakritili (naturali) e prodotti o
acquisiti. Essi risiedono nel senso. L’embrione e tutto il resto risiedono nell’effetto.
… innati: le 4 disposizioni innate sono conoscenza, distacco, virtù, potenza; … Prakritili: effetto del karma e del
lignaggio
… prodotti: derivano da insegnamento di un Guru, sono la conoscenza da cui deriva il distacco, dal distacco la
virtù, dalla virtù il potere. Essi crescono quando Sattva è dominante, in caso contrario (cresce Tamas) sono il
contrario. I quattro Bhava possono essere sattvici o tamasici (quindi 8) e sono chiamati Nimitta; divengono attivi
al momento della fecondazione dell’ovulo.
… risiedono nel senso: Buddhi
… nell’effetto: il grossolano, corpo etc.
44
Dalla virtù l’ascesa, dalla sua assenza la discesa, dalla conoscenza l’emancipazione, dal suo contrario
il legame.
… ascesa: verso piani di consapevolezza superiori o mondi degli dei
… discesa: il passaggio a mondi inferiori o inferi
… la conoscenza è quella dei 25 principi qui esposta
45
Dal (solo) distacco si produce l’assorbimento in Prakriti (prevale Tamas); dall’attaccamento
appassionato la trasmigrazione (prevale Rajas). Dal potere l’assenza di ostacoli, dal suo contrario
l’effetto opposto.
… assorbimento … : senza la conoscenza il distacco non porta alla liberazione
… attaccamento appassionato …: offrire sacrifici etc. per averne godimenti
46
Questo (quanto esposto nei Sutra precedenti) è creazione della conoscenza e prende il nome di
impedimento (falsa conoscenza), incapacità, contentamento o compiacimento e ottenimento o Siddhi. A
motivo poi del conflitto che nasce tra i Guna per il loro reciproco squilibrio, le differenti forme di tale
creazione diventano cinquanta.
… Questa è …: l’insieme dei 16 strumenti (8 cause, i Bhava, e i loro effetti e cioè virtù elevazione, distacco,
dissoluzione in Prakriti, potenza, assenza di impedimenti, vizio discesa nei mondi inferi, ignoranza, legame,
passione, rinascita, debolezza, impotenza) è creazione di Buddhi (conoscenza)
… impedimento: dubbio, ignoranza
… incapacità: il dubbio rimane anche successivamente alla percezione
… contentamento: mancanza di interesse, rifiuto a conoscere
… ottenimento: essendo le percezioni in stato sattvico si determina la comprensione anche per interposto oggetto,
ad esempio vedendo un uccello appollaiato in alto se ne intuisce la presenza di un palo
47
5 sono le forme dell’impedimento, 28 quelle dell’incapacità dovuta a deficienze dei sensi, 9 del
contentamento, 8 dell’ottenimento o perfezione.
… impedimento: 1 – falsa conoscenza Avidya, 2 – egoismo Asmita, 3 – attaccamento Raga, 4 – repulsione Dvesa,
5 – attaccamento alla vita Abhinivesha
48
Le forme di Avidya e di Asmita sono 8; di Raga esistono 10 modalità; Di Dvesa 18 e altrettanti di
Abhinivesha.
49
I difetti degli 11 sensi insieme con quelli della mente sono le incapacità. I 17 difetti della mente sono
dovuti al contrario della soddisfazione e dell’ottenimento.
… incapacità degli 11 sensi: sordità, cecità, paralisi, perdita del gusto, dell’olfatto, mutismo, l’essere zoppi,
l’impotenza e la follia.
… i 17 difetti della mente: le forme di contentamento sono 9, quelle di ottenimento (Siddhi) 8.
50
I 9 tipi di contentamento (Tusti) sono i seguenti: 4 interni (che prendono il nome di) Prakritili, strumenti,
tempo e buona sorte e 5 esterni, ossia quelli dovuti all’astinenza dagli oggetti dei sensi.
51
Gli 8 ottenimenti sono il ragionamento, l’istruzione orale, lo studio, la triplice soppressione del dolore,
l’acquisto di amici e la liberalità. Quelli sopramenzionati (impedimento, incapacità e contentamento)
sono il triplice uncino rispetto all’ottenimento.
52
Non può darsi corpo sottile senza modi di essere, né può esserci sviluppo dei modi di essere senza
corpo sottile. Cosicché si svolgono due creazioni: l’una detta del corpo sottile, l’altra dei modi di essere.
Modi di essere: creazione della conoscenza, perché ogni corpo si ottiene in base agli impulsi Karmici. Vale anche
al contrario.
53
La creazione divina è ottuplice, di 5 tipi quella subumana, unica quella umana. Tale in breve la
creazione.
54
In alto predomina Sattva, in basso Tamas; nel mondo intermedio la prevalenza è di Rajas: così da
Brahma sino a un tronco.
55
Colà Purusha, che è senziente, percepisce il dolore prodotto dalla vecchiaia e dalla morte, fino al venir
meno del corpo sottile; la sofferenza proviene direttamente dalla natura propria di questi stati di
esistenza.
Colà: in tutti gli esseri e nei 3 mondi
… fino al venir meno: sino alla liberazione dalla Prakriti, all’estinzione del corpo sottile che avviene con
l’illuminazione
56
Sicché questo sforzo in quanto viene fatto dalla Prakriti, a cominciare dalla mente fino agli elementi
grossi specifici, avviene per la liberazione di ogni singolo Purusha , cioè a vantaggio di un altro, pur
sembrando avvenire per il proprio.
57
A quel modo che il latte insenziente funziona in vista della crescita del vitello, così la Prakriti agisce in
funzione della liberazione del Purusha.
58
L’immanifesto agisce per liberare Purusha, non diversamente dalla gente comune che si adopera allo
scopo di soddisfare il desiderio.
59
Come la danzatrice smette di danzare dopo essersi mostrata in pubblico, così Prakriti cessa la sua
attività essendosi manifestato il Purusha.
60
Prakriti, che è generosa e provvista degli elementi costituivi, con innumerevoli mezzi, senza alcun
beneficio per sé, compie l’utile del Purusha che è sprovvisto degli elementi costitutivi e non ricambia in
nulla.
61
Nulla è più sensibile di Prakriti la quale, non appena si rende conto di essere stata vista, non si porge
più allo sguardo del Purusha.
62
Perciò non si può dire che Purusha sia legato o liberato ne che trasmigri. Solo Prakriti, con i suoi
molteplici stadi, è legata o liberata o trasmigra.
63
La Prakriti lega se stessa da se medesima per via di 7 forme, per mezzo poi di un’unica forma si libera,
compiendo così il fine del Purusha.
… 7 forme: virtù, distacco, potere, vizio, ignoranza, attaccamento e assenza di potere
64
Perciò, grazie all’esercizio dei principi nasce una conoscenza la quale ci porta a considerare: Io non
sono, nulla è mio, questo non sono io; questa conoscenza è totale e, non dandosi errore, risulta unica e
pura.
65
In virtù di ciò (la conoscenza dei Tattva) Purusha, che se ne sta raccolto in se stesso come uno
spettatore, vede la Prakriti che ha cessato di essere produttiva e che risulta svincolata dalle 7 forme
(tornata allo stato potenziale) per avere alfine compiuto il fine del Purusha.
66
Purusha, uno, è indifferente come uno spettatore di teatro; Prakriti, una, cessa la sua attività quando sa
di essere stata vista. Malgrado il contatto esistente tra i due, non sussiste movente per ulteriore
creazione.
67
Ottenuta la perfetta conoscenza la virtù e le altre forme divengono improduttive; tuttavia, per effetto
degli impulsi karmici, il corpo permane ancora, così come accade col movimento della ruota.
68
Avvenuta la separazione del corpo e avendo la Prakriti, poiché il suo fine è compiuto, cessata l’attività,
Purusha perviene all’isolamento assoluto e definitivo.
… Isolamento …: astrazione dalla Prakriti
69
Questa segreta conoscenza intesa a compiere il fine del Purusha e nella quale sono considerate
nascita, durata e dissoluzione degli esseri è stata rettamente esposta dal sommo veggente.
70
Il saggio compassionevolmente trasmise questa dottrina a Asuri; egli la trasmise a Paricasikha il quale
di molto la ampliò.
71
Tale dottrina tramandata mediante la serie dei discepoli fu messa in strofe da Isvarakrisna la cui nobile
mente appieno conosceva il sistema filosofico.
72
Gli argomenti trattati in queste 72 strofe sono in tutto e per tutto quelli dell’intero Sastitantra, tolti i
racconti didattici e le controversie con le altre scuole.

 

 

 

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1 commento su “Sistema Sankhya”

  1. Grazie moltissimo per questo video che mi ha chiarito finalmente la mappa del Sankhya.
    in particolare è questa la frase che ha chiarito tutto: “La chiave è che sono forme diverse della stessa sostanza. ” corredata dall’esempio chiaro e semplice del fiore.

    C’è solo una cosa con cui non mi ritrovo: ed è: che senso ha soffrire se poi l’ obiettivo sta nell’annullare la sofferenza. E’ proprio dalla sofferenza che ci evolviamo. ok meditare, è bellissimo e ci porta ad una nuova consapevolezza. ma se siamo qui dobbiamo vivere anche la nostra vita e raggiungere i nostri obiettivi che devono per forza essere molteplici e devono essere Tutti superati: altrimenti dove sta la giustizia ed il senso della vita. Anche Gesù amava le feste e si divertiva (V. nozze di Cana). La vita è anche bellezza e gioia. Grazie ancora. Barbara

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